Luca Boldrini
Cronaca

Una città sempre diversa. “Prato Scomparsa, così racconto il cambiamento”

Daniele Nuti spiega origini e futuro del progetto da lui creato

Una foto d'epoca di piazza San Marco e, nel riquadro, Daniele Nuti

Una foto d'epoca di piazza San Marco e, nel riquadro, Daniele Nuti

Prato, 4 luglio 2023 – “Prato Scomparsa” festeggia 12 anni di vita e quasi 15mila follower su Facebook. Una piazza virtuale che è anche archivio delle immagini storiche di Prato. Daniele Nuti è l’ideatore di questo progetto.

Prato Scomparsa, nelle sue intenzioni, è un tramite culturale tra la città di ieri e quella di oggi. Cosi ci dicono di questo cambiamento le tante immagini che ha pubblicato?

“Quando il progetto è decollato, intenzioni non ce n’erano, ma in effetti poi è diventato un vero tramite culturale, poiché mancava un pezzo tra la generazione delle foto cartacee, e una vera e propria esposizione digitale del passato, che è andata negli anni ad abbracciare un pubblico nuovo. Il cambiamento raccontato nelle immagini è il cambiamento delle persone stesse, che vanno così a modificare anche il proprio ambiente, ma i ricordi non mutano, più il tempo va avanti, più essi corrono a ritroso. Baudelaire, osservando Parigi, scrisse: “Parigi cambia, ma niente nella mia malinconia, niente cambia, palazzi nuovi, impalcature, massi, vecchi quartieri, tutto per me diviene allegoria, pesano più delle rocce i miei ricordi...”. Prato è davvero un caso unico, dove la cosiddetta modernità è arrivata tardi rispetto ad altre realtà, e dove l’impatto industriale era estetica di un luogo, per cui, per risponderti, le immagini ci dicono che oggi resta traccia, flebile, di una città tipo che è andata mutando, ma che resta viva nel cuore di chi colora coi propri commenti e ricordi, questi frammenti sfocati”.

Avrà osservato una quantità enorme di scatti del passato. Come pratese, quale storia raccontano? Come vede la Prato che vive con quella che racconta l’archivio che sta costruendo da tanti anni?

"Io mi definisco “cintura nera di nostalgia”, e la Prato che vivo è permeata del mio vissuto,

che alle volte ho io stesso immortalato, perché sapevo che insieme ai luoghi, cambiavo io.

Credo che osservare le tante immagini sia anche pensare che i protagonisti di esse erano,

ognuno, piccole storie personali, che raccolte sarebbero davvero patrimonio storico. Le

immagini che suscitano più emozione non sono tanto quelle remote, di una città molto

diversa; quelle al massimo destano stupore, o magari meraviglia, ma il fattore emozionale

più forte è in ciò in cui ci si riconosce, nei ricordi diretti, ed è per questo che magari è una

semplice foto anni ‘70 di persone ad aspettare l’autobus, che è stata un terremoto nel

cuore di chi l’ha osservata e condivisa".

Quale foto della Prato di oggi pensa che fra 50 anni sarà guardata con affetto, quale

con nostalgia, quale con dispiacere?

"Se mi permette di essere un po’ motivatamente pessimista, temo che tra mezzo secolo ci

sarà ben poco da osservare. In primo luogo, occorrerebbe tornare a un’operazione inversa rispetto a quando fatto finora, tornare alla cura per la pubblicazione cartacea, perché i supporti digitali potrebbero diventare solo oggetti incomprensibili, o file inaccessibili persi. In secondo luogo, sto guardando con sospetto alle nuove frontiere della cosiddetta “intelligenza artificiale”, e ho già scoperto numerose e sempre più realistiche immagini che in realtà sono falsi creati da un computer, ma che, non dimentichiamolo, è pur sempre azionato da qualcuno. Credo che fra cinquant’anni, con un po’ di fortuna, ci sarà chi racconta il passato, ma che il passato della nostalgia saranno immagini confortevoli create ad hoc in base ai propri desideri, e dove sarà difficile distinguere il vero dall’irreale. Affetto, nostalgia, dispiacere, saranno sentimenti forse più rarefatti”.

Prato Scomparsa è un nome che è anche manifesto d’intenzioni: si racconta una

città che era e che non c’è più. Cosa possiamo rimpiangere di quella Prato e cosa invece possiamo essere soddisfatti di avere?

"Prato Scomparsa è un nome che più volte, seppur semplice, ho dovuto spiegare, perché

ahimé, qualcuno lo fraintende decisamente. Il manifesto di intenzioni è osservare una città

che è ma che nel contempo non è più, nella propria estetica. Della Prato di un tempo

dovremmo rimpiangere la grande operosità, il carattere di un orgoglio vero e propositivo, e

la propria apertura a una crescita che sempre si è fatta con il sudore della fronte, anche

dei nuovi concittadini, che in passato sono venuti in massa dal Sud, e che oggi, arrivati

anche da altri Paesi, sono multietnia. Prato ha questa ricchezza, essere sempre stata un

centro di grande fermento. Oggi possiamo essere orgogliosi di avere una città che ha

tanto da dare a livello turistico, con persone che in tal senso si impegnano quotidianamente per promuovere un luogo con tanta storia e bellezza. Leggo troppo spesso commenti da cui capisco che in molti non esiste questa consapevolezza della propria città, ed è un peccato”.

C’è una tradizione pratese che secondo lei andrebbe valorizzata?

“Negli anni ho osservato che la cosiddetta tradizione, spesso si tinge di umori politici e di

campanilismi decisamente fuori luogo. Intanto che cos’è la tradizione? Conservare e

tramandare qualcosa che si ritenga prezioso per un insieme di persone, per una comunità.

Ad esempio, i festeggiamenti per il nostro 8 Settembre sono da sempre un misto di

religiosità (ostensione della Sacra Cintola), di festa (la Fiera) e anche di un lato ludico che nel

tempo ha creato o ricreato giochi più o meno storici, ed è in questo senso che secondo me

si dovrebbero riscoprire tradizioni che erano molto forti ma che alla fine sono un po’

svanite. La “palla al bracciale” o il “tamburello” erano popolarissimi e praticati, sarebbe

bello riproporli, anche perché li trovo decisamente più originali di altre discipline”.

Cosa si propone oggi Prato Scomparsa?

"Semplicemente esserci e continuare questa divulgazione, come un semplice tramite,

finché questo modus operandi avrà senso”.