Prato, 19 settembre 2021 - Le parole del diacono Leonardo Bruni, l'unico superstite dell'uragano castellinese, accolgono il Vescovo, Giovanni Nerbini, all'inizio della messa domenicale nella chiesa dell'Annunciazione alla Castellina: "Lei è il nostro Vescovo, discendente diretto degli apostoli, e viene qui nella nostra comunità ferita, diciamo pure sbandata e arrabbiata". Questo si respira nella prima celebrazione eucaristica dopo il terremoto, l'arresto di don Francesco Spagnesi e l'indagine sul vice don Paolo Ridolfi.
La tensione è forte: in fondochiesa alla fine della messa c'è anche chi piange. Fuori due striscioni anonimi puntano il dito contro la Diocesi: "La Curia sapeva", il senso del discorso, striscione poi rimosso.
Dentro, monsignor Nerbini parla davanti alla chiesa piena al massimo della capienza consentita dal Covid: qualcuno resta fuori. Il Vescovo ammette di aver "commesso degli errori" dei quali intende "prendersi la responsabilità". Spiega che c'è una stretta collaborazione con la magistratura per fare chiarezza e annuncia alla comunità dei fedeli della Castelllina - oggi davvero distrutta - che il danno economico sarà quantificato per quanto possibile e che la Diocesi metterà a disposizione dei poveri una "congrua somma di denaro" per riparare a quanto è stato tolto dalle tasche di chi aveva bisogno per sovvenzionare i festini di don Francesco. E il Vescovo parla molto di don Francesco (nemmeno un accenno invece a don Paolo, pure coinvolto nell'indagine). Lo descrive come un "prete in fuga", quando il presule arrivò a Prato, poi un accenno di dialogo sembrava essersi instaurato, ma Nerbini ammette di non aver capito "l'abisso" nel quale il sacerdote era precipitato.
E poi l''appello a tutti, preti e laici: segnalare le situazioni sospette, perché "il Vescovo non è onnisciente". Fuori piove a dirotto. Meglio così: è una brutta giornata, alla Castellina, meglio che piova.
Le parole del Vescovo Nerbini
"Ho voluto essere presente qui oggi con voi per condividere insieme il difficilissimo momento che la nostra Chiesa attraversa e la vostra comunità parrocchiale sente come una bruciante ferita sulla propria pelle, nella vostra anima, come del resto, vi garantisco è nella mia. Sono venuto con il cuore in mano per ascoltare la vostra sofferenza, il vostro dolore, la vostra indignazione: sono la mia sofferenza, il mio dolore, la mia indignazione. Se il Vescovo è pastore, e questo sono, sente e vuole essere in mezzo ai suoi soprattutto nei momenti difficili. Sono qui a dirvi il mio percorso in questa vicenda, ad assumermi tutte le mie responsabilità; a prendere gli impegni che ritengo utili, necessari oggi, a mettermi con voi in ascolto della Parola di Dio che ci possa non solo salvare ma aiutare a crescere proprio a partire dalla crisi tanto dolorosa che stiamo vivendo".
"Don Francesco era un prete in fuga, non mi spiegavo le sue difficoltà"
"Non ripeterò ciò che ho già scritto e detto, ci sono altre sedi, non una celebrazione eucaristica, per approfondire ogni aspetto della vicenda, capire meglio. Quando nel settembre 2019 sono stato chiamato a Roma a frequentare il corso per i neo Vescovi, ho avuto la gioia di incontrare Chiara Amirante invitata a tenerci una riflessione che risultò apprezzatissima da tutti i 105 presuli presenti. Chiuse il suo intervento con un appello: “Io giro l’Italia ed il mondo e raccolgo tante confidenze e disagi. Vi prego, ascoltate i vostri preti, rimanete loro vicini, sosteneteli nelle loro difficoltà”. E giunto a Prato ho trovato don Francesco. All’inizio lontanissimo, quasi in fuga. Distaccato. Pian piano è nato un accenno di dialogo che è cresciuto insieme alle sue difficoltà che io non riuscivo a spiegarmi fino alla tristissima scoperta della sua dipendenza, davvero inimmaginabile. È nata la domanda: “Che cosa devo fare?”. E quella raccomandazione di Chiara è riaffiorata prepotente alla mia mente e nel mio cuore. E la risposta è arrivata sotto forma di un ricordo del 1980 quando a Firenze cominciai a frequentare il Ceis dove giungevano, disperati, i genitori con un figlio tossicodipendente. Una sera un operatore raccontò la sua drammatica esperienza. Aveva avuto non uno ma due figli vittime della droga e per 10 anni aveva lottato per loro. Ecco la risposta: Se ti trovi davanti un delinquente lo denunci. Se un figlio, ed è malato – questa è la droga - lotti per salvarlo. Ho cercato di fare questo: ho lottato per non perderlo, per non lasciarlo andare a fondo. Ho rivisto tanti genitori che il Signore mi ha fatto incontrare i quali per una vita intera, hanno saputo esprimere, suscitando la mia ammirazione, impegno, sacrificio, tenacia e fedeltà, ed ho tentato di seguire quella strada, da padre, e questa paternità non mi viene dalla natura ma dal Signore".
"Chiedo scusa dei miei errori, non ho capito l'abisso"
"Ho sbagliato? Credo di avere fatto errori. Di questi, sono qui, fra voi, a chiedere scusa. Non mi sono reso conto certamente dell’abisso in cui don Francesco era precipitato, inimmaginabile nei terribili aspetti in cui è venuto alla luce in questi giorni. Ma ancora oggi, conosciuta tutta la storia, Io continuo a soffrire, a sperare ed a pregare per lui. Cercherò di fare quel poco che ormai è in mio potere fare per aiutarlo ancora. Spero che un giorno, col cuore in mano, lui possa domandare perdono, non a me ma a voi e sarebbe un grande passo. In attesa di questo, so bene quanto grave sia – sotto il profilo della giustizia divina ma anche di quella umana – ciò per cui don Francesco è accusato. Come Diocesi non possiamo fare altro che rimetterci – come ho subito affermato – alle indagini dell’autorità giudiziaria, a cui chiedo di fare piena luce sulla vicenda e di fare presto. Ribadisco anche in questo momento la piena collaborazione con la Magistratura, peraltro avviata già prima del clamore della notizia. Non è stato don Francesco l’unico tormento. Accanto a lui nei miei pensieri c’eravate voi con l’amore che gli avete portato, la illimitata fiducia riposta nella sua persona, la sconfinata generosità che non gli negava mai niente, l’impegno comunque profuso nell’interesse della parrocchia.
"Quante volte gli avevo detto di non tradire la vostra fiducia"
"Quante volte gli ho detto: “Francesco ogni prete ha i suoi estimatori e detrattori. Di te tutti mi dicono solo bene. Non tradire questa fiducia”. Ed ho vissuto lacerante il conflitto tra questi due beni che cercavo di tenere uniti e che continuamente confliggevano tra di loro, la cura della pecorella smarrita e quella dell’intero gregge, la comunità parrocchiale. Vi chiedo perdono per non avervi protetto a sufficienza. Sono consapevole che la vostra sofferenza è grandissima e il danno morale che avete subito, più ancora di quello materiale, è incommensurabile. Qui c’era un abisso, appunto, di fronte al quale non si può provare che dolore e raccapriccio per l’abbandono di ogni riferimento valoriale alla dignità della persona, tanto più grave perché a finire nel fondo di quell’abisso è stato un ministro di Cristo. Dobbiamo intraprendere fin da subito un cammino di redenzione e di riscatto su molteplici piani. Uno dei primi atti compete soprattutto a me e consiste nell’accertamento puntuale del danno economico che la parrocchia ha subito, per quanto questo sarà possibile".
"Risarciremo i poveri"
È già in corso una dettagliata verifica e nei prossimi giorni tutto il materiale raccolto verrà presentato al sostituto procuratore che si occupa del caso con cui, ripeto, stiamo doverosamente collaborando già da tempo. La Diocesi, d’intesa con la parrocchia, si impegna fin d’ora – sulla base degli esiti di questa verifica - a mettere a disposizione dei poveri della nostra città una somma di denaro congrua a riparare quanto estorto con l’inganno a tante persone, della Castellina e di altre zone della città.
L'appello: "Segnalate situazioni dubbie o sospette"
"Aggiungo un appello a tutti. Il nostro primo dovere, quali discepoli del Signore «Sole di giustizia» - come lo chiama il profeta Malachia – è la trasparenza. Chiedo a tutti, sacerdoti, diaconi, consacrati e laici di aiutarmi in questo dovere. Quando si registrano segnali pericolosi, si viene a conoscenza di situazioni dubbie o sospette, è un dovere cristiano segnalarle. Il Vescovo non è onnisciente e quindi ha bisogno di essere aiutato nel suo ministero di Padre ma anche – come dice la stessa etimologia greca del sostantivo episcopos – di «sorvegliante».