Va avanti il meticoloso lavoro di mappatura dell’Autorità di bacino distrettuale dell’Appennino settentrionale. L’aggiornamento della mappatura della pericolosità "che concluderemo entro la fine del mese" terrà conto anche dei più recenti eventi alluvionali, non ultimo le aree allagate a novembre 2023 e farà parte di quella che la direttiva alluvioni definisce "valutazione preliminare del rischio alluvioni" da "inviare ufficialmente alla Commissione Europea", spiega il segretario Gaia Checcucci.
In coerenza con quanto richiesto dalla direttiva, oltre al perimetro della pericolosità già facente parte "delle nostre mappe del Pgra si sono individuate nuove aree a potenziale rischio significativo di alluvione in tutto il nostro territorio, incrociando i dati delle aree allagate del passato con ulteriori informazioni rilevanti quali quelle sul consumo di suolo e sui tratti tombati o comunque critici".
E su queste aree "dovremo concentrare l’attenzione non solo noi dell’Autorità ma anche e soprattutto le istituzioni che si occupano di gestire il territorio nell’ottica della prevenzione".
E proprio a livello di prevenzione esistono più livelli di intervento. Esiste una prevenzione che si articola nella pianificazione di bacino, "per la gestione del tempo differito, ovvero ciò di cui è titolare l’Autorità di bacino che elabora e tiene costantemente aggiornata la mappatura del territorio e definisce le aree a pericolosità con relativa disciplina di piano (norme e indirizzi) che parlano alle amministrazioni locali e alla regione, affinché queste ultime, ognuno per la parte di competenza, le traducano in norme di governo del territorio e in strumenti e misure di protezione civile".
Il Piano di protezione civile, redatto a diverse scale territoriali (regionale, provinciale, comunale) fa parte delle misure di prevenzione che la Regione e i singoli Comuni, devono tenere costantemente aggiornato in aderenza al pianificazione di bacino e quindi nel caso di specie del Pgra, affinché sia regolamentato prima quello che potrebbe accadere e siano dettate indicazioni specifiche strettamente connesse alla specificità territoriale. Come l’individuazione di tratti o punti critici del reticolo minore, in cui, ad esempio, si sa che l’argine è fragile o che per particolare morfologia devono essere particolarmente attenzionati. Sempre nel piano di protezione civile, devono trovare spazio le indicazioni operative che attengono non più alla prevenzione ma alla gestione della ’fase di evento’: cosa fare nel caso di allarme, oppure enti da coinvolgere o misure da assumere nei diversi momenti dell’emergenza.
La procura di Prato nel corso del 2024 ha acquisito nella sede dell’Autorità di bacino distrettuale, a Firenze, carte, mappe, normative specifiche, relazioni; ha richiesto e ha avuto accesso al sistema operativo. Successivamente il segretario, Gaia Checcucci, è stato ascoltato in procura a Prato per avere ulteriori delucidazioni sull’attività di prevenzione e monitoraggio sul territorio. Le mappe dell’Autorità di bacino descrivono chiaramente quali sono le aree più a rischio e dove bisogna (e bisognava) localmente porre massima attenzione sia per effettuare i lavori necessari sia per intervenire allorquando fosse scattata un’allerta. Situazioni di pericolo che dovrebbero essere conosciute dalle amministrazioni comunali proprio grazie all’aggiornamento continuo del piano di Protezione civile.
I piani di Protezione civile sono uno dei cardini intorno ai quali ruota l’inchiesta della procura pratese. Secondo la normativa dovrebbe essere attiva, appunto, una filiera virtuosa di controllo che ha come capo la Regione Toscana, passa per le Province e termina alle amministrazioni comunali.
L.C.