Prato, 22 gennaio 2023 - A 76 anni, cardiopatico, è rimasto per più di 48 ore disteso su una barella dura e piccola, nel corridoio del pronto soccorso. Due giorni con le scarpe ai piedi che aveva quando l’ambulanza del 118 lo ha portato via dalla sua abitazione a causa di una crisi respiratoria. Succede a Prato. Giorno dopo giorno, si susseguono le segnalazioni di cittadini che loro malgrado si sono imbattuti con un ospedale troppo piccolo per rispondere alle necessità di una città in continua crescita. Una città multietnica, alla soglia dei 200.000 abitanti, senza contare chi non è regolarmente iscritto all’anagrafe, ma che comunque si rivolge al Santo Stefano. I sanitari non ce la fanno più, i cittadini sono esausti. Lo dicono i pazienti, lo gridano i parenti dei pazienti in cura, lo ripetono medici e infermieri. Eppure questa è la situazione.
"In data 18 gennaio alle 19.30, mio padre è stato portato via d’urgenza con l’ambulanza in quanto non riusciva a respirare. Da lì è iniziato il calvario", racconta Angelica Dottarelli. "Non avendo avuto notizie nella serata di mercoledì 18 gennaio vado in pronto soccorso e trovo mio padre nel corridoio su una barella, con flebo e ossigeno. Chiedo spiegazioni e mi viene detto che ha una bronchite e scompenso al cuore, è necessario il ricovero. Il personale mi invita ad uscire dicendomi che che sarei stata contattata dal medico che mi avrebbe fatto sapere il reparto".
La notte passa e il giorno successivo la figlia tenta di nuovo di avere spiegazioni: "Tramite telefono non è possibile parlare con nessuno, così torno in ospedale nel pomeriggio di giovedì 19, giorno successivo all’ingresso al pronto soccorso, e trovo ancora mio padre sulla barella. Come lui altre persone nelle stesse condizioni. Continuo a chiedere spiegazioni e mi dicono che stanno aspettando che si liberi un letto per ricoverarlo", aggiunge la figlia. Il calvario non è terminato, l’uomo passa ancora una notte sulla barella dura e piccola: "Il 20 gennaio, due giorni dopo ritrovo ancora mio padre vestito da casa, con le scarpe ai piedi, come tutti gli altri perché non è previsto che si possano cambiare, ovviamente non sono in reparto non sono ancora praticamente ricoverati. È possibile questo? - dice Dottarelli -. È importante che quanto accade al Santo Stefano sia reso pubblico riservandomi di intervenire attraverso il mio legale. Esiste la carta dei diritti al pronto soccorso che contiene il diritto alla presa in carico, il diritto alla dignità della persona, ma soprattutto il diritto alle 6 ore, tempo oltre il quale il paziente deve essere trasferito nel reparto più appropriato per le cure".
La speranza, adesso, che il vaso di Pandora è stato scoperchiato, è che l’azienda sanitaria insieme alla Regione corra ai ripari invece di aspettare che le acque si calmino in attesa di un nuovo picco accessi. Prato, la seconda città della Toscana, deve essere in grado di dare una risposta adeguata ai bisogni dei cittadini malati e offrire un luogo di lavoro migliore ai professionisti dalla sanità. È stato il direttore del pronto soccorso Simone Magazzini ha spiegare che la degenza media al pronto soccorso da 16 ore in questi giorni è salita a 24 ore. Numeri pesanti, così come è pesante la situazione degli accessi: uno ogni tre minuti tra le 11 e le 17. Magazzini ha anche detto che il personale è allo stremo. Difficile non esserlo.