Le forze dell’ordine arrestano, la Procura chiede una misura cautelare (carcere o domiciliari a seconda dei casi), il tribunale rimette in libertà. E il cittadino comune (soprattutto se vittima) non comprende. E’ più o meno lo schema che si ripete ogni volta che le forze dell’ordine eseguono un arresto per reati "di strada" che vanno dallo scippo, al furto, allo spaccio. Tutti reati odiosi agli occhi dei cittadini che spesso si chiedono come mai nessuno (il più delle volte tossici, sbandati o clandestini) paghi per quello che ha fatto. A Prato sono quasi sempre i soliti noti a delinquere: una volta rimessi in libertà ricominciano a fare quello che hanno sempre fato perché tanto sanno di farla franca. Il sistema suscita rabbia, smarrimento e sconcerto nei cittadini e spesso non ha risparmiato critiche nei confronti del tribunale pratese considerato troppo "morbido" nei giudizi.
A rinfocolare le polemiche è stato l’ultimo episodio: l’ex commerciante pratese di 48 anni, residente al Cantiere e difeso dall’avvocato Sabrina Serroni, arrestato dai carabinieri una settimana fa perché sorpreso in casa con ben 14 chili fra hashish, marijuana e cocaina. Dopo l’arresto la Procura ha chiesto la convalida e la misura cautelare dei domiciliari. Il giudice ha sì convalidato l’arresto ma ha disposto per l’uomo solo l’obbligo di dimora in città e quello di firma. In sostanza è tornato libero nel giro di 24 ore. A pesare sulla decisione del giudice sono stati due fattori evidenziati dal difensore: il fatto che il pratese fosse incensurato e quello che fosse stato costretto a chiudere il suo storico negozio di stoffe a causa del Covid. Insomma, la pandemia lo aveva messo sul lastrico e lui non sapendo di che cosa vivere si è messo a spacciare. Questa volta però la decisione del giudice non è andata giù alla Procura che ha fatto subito ricorso in Appello. Il possesso di 14 chili di droga – secondo la Procura – non può essere considerato un fatto di "lieve entità". Per i carabinieri non c’erano dubbi: l’ex commerciante era uno spacciatore a tutti gli effetti, non si limitava a vendeva modiche quantità di droga al dettaglio ma riforniva i pusher della zona fra la pista ciclabile di viale Galilei, la stazione centrale, il Serraglio e piazza Ciardi.
Motivo che ha spinto la Procura a chiedere una misura cautelare più severa, non ritenuta congrua dal giudice che ha esaminato il caso. Adesso la parola passerà all’Appello che stabilirà se accogliere il ricorso della Procura o se ritenere giusta la misura più blanda. Una decisione che potrebbe influenzare le scelte future dei giudici pratesi.
Laura Natoli