Prato, 9 aprile 2017 - LA PUZZA di fritto è reato. Lo ha stabilito nei giorni scorsi la Corte di Cassazione con una sentenza emessa in seguito a una disputa tra condomini che bisticciavano per emissioni di fumi, odori e rumori molesti provenienti dalla cucina di un appartamento al piano terra. Così, per la prima volta, una famiglia del Friuli si è vista recapitare una condanna per «molestie olfattive», un nuovo reato inquadrato nell’ambito del «getto pericoloso di cose». Una sentenza che a Prato potrebbe costringere molti cittadini cinesi a cambiare le proprie abitudini. Chi esagera con il fritto, cucina speziato o stende i polli in terrazzo per farli essiccare potrebbe correre guai seri, ammesso che danneggi l’olfatto del vicino.
NELLE cause tra condomini, se si arriva al risarcimento, il danno può aggirarsi intorno ai mille o millecinquecento euro. Se invece si tratta di un locale o di un ristorante la cifra cresce, specie se i proprietari devono mettersi in regola con le canne fumarie o quant’altro. Prima di ricevere il risarcimento, però, bisogna raccogliere prove che confermino il disagio olfattivo. Tradotto: ci vuole un perito del tribunale fuori dalla porta che «misuri» il livello della puzza. Se è superiore alla soglia di sopportabilità allora scatta il reato, altrimenti l’odore di fritto può continuare. Giulio Filippelli, amministratore di condominio da oltre 35 anni, spiega che le liti per colpa degli odori sono all’ordine del giorno un po’ ovunque in città. «Soprattutto nei quartieri multietnici come il Soccorso, tra via Milano, via Torino e via Siena – spiega Filippelli – Centinaia di casi in questi anni, i condomini si lamentano in continuazione per le emissioni di fumo e per gli odori che divampano nelle scale, agli ingressi e nelle aree comuni». Il più delle volte si tratta di litigi tra culture alimentari differenti. «In via Milano ho ricevuto delle proteste per una famiglia cinese che vive al piano terra e in un altro appartamento per dei pakistani che utilizzavano una cucina troppo speziata. Ovviamente tutto ciò a discrezione della cultura di appartenenza: per alcuni certi odori possono essere piacevoli, per altri invece decisamente sgradevoli». Filippelli ha presentato diversi esposti, tutti con esito negativo. «Nei casi più estremi ho scritto al Comune e all’ufficio igiene dell’Asl. Gli esposti venivano protocollati ma poi cadevano nel vuoto». Adesso però le cose potrebbero cambiare. «Se riceverò nuove segnalazioni sono pronto a muovermi per vie legali. Con la nuova sentenza della Cassazione viene riconosciuto un reato che prima non esisteva. Insomma, adesso abbiamo uno strumento concreto per combattere la puzza».
Alessandro Pistolesi