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Un’altra veduta dell’area Nobel oggi chiusa
Alla fabbrica "Nobile" così la chiamavano gli operai in dialetto locale, ci lavoravano in tanti. Nessuno abbandonò il mestiere di coltivare la terra e curare gli animali, ma furono numerosi gli uomini e le donne assunti presso il dinamificio. Alcuni lo raggiungevano in bicicletta, altri a piedi ma c’erano anche lavoratori che arrivavano col treno.
Sicuramente l’opportunità di lavorare in una grande fabbrica portò nelle famiglie dei comuni medicei e di Signa e Lastra a Signa, ma anche dell’empolese, "un maggiore benessere" un introito economico in più, e segnò un progresso anche nel coinvolgimento della donna nel mondo del lavoro.
Queste, per lavorare, indossavano i pantaloni: da casa partivano e tornavano vestendo le solite grandi gonne, ma durante le ore lavorative, mettevano i pantaloni per una maggiore sicurezza. Gli anziani ricordano ancora oggi questo.
Dopo la fine della guerra le commesse statali cessarono ed iniziò il periodo di crisi che sfociò in licenziamenti di massa. Un ultimo tentativo di salvare la fabbrica fu quello di convertire la Nobel alla produzione di fitosanitari e pesticidi. Ma ormai era destinata alla chiusura che avvenne nel 1958.