
Quelle serate dal Met a Misoduli Per trasformarsi una volta l’anno
di Roberto Baldi
Semel in anno licet insanire dicevano i latini. Tradotto in pratese spicciolo: una volta all’anno si può dare di barta. Archiviati gli anni del Covid, quelli di un’Italia a cui oltre ai santi poeti e navigatori si erano aggiunti anche i virologi e i divorzisti (la convivenza è di per sé non facile, quella 24 ore su 24 obbligata dal virus è stata un delirio che ha innescato divorzi in soprannumero), ci siamo immersi di nuovo nei riti del passato a riscoprire angoli inesplorati dell’esistenza: qualcuno in questi giorni ha trasmigrato a Viareggio dove c’è il carnevale più immaginifico di tutta Italia con il consueto carosello del buonumore, per passare all’afflusso major dell’hinterland pratese con in testa Paperino, la frazione più a sud di Prato, che dall’anno di nascita 1977, con l’eccezione del periodo pandemico, ha coinvolto abitanti di tutte le età e turisti in cerca di ritrovate tradizioni, colori nelle strade, allegria nell’anima, con tanta gente che balla alla vita.
Carnevale in filastrocca con la maschera sulla bocca con la maschera sugli occhi con le toppe sui ginocchi, come poesiava il nostro D’Annunzio che il carnevale lo viveva nel recesso del Cicognini. A Vaiano la sfilata dei carri allegorici con l’accompagnamento di una radio che per forza di cose si chiama Nostalgia. A Montemurlo e Bagnolo invece carnevale senza carri che a tenerli all’aperto non hanno beccato il Covid ma hanno preso la ruggine; a Viaccia e a Maliseti il carnevale "green" senza scialare con il bicchiere riutilizzabile da portare da casa secondo le usanze della confinante provincia pistoiese, dove la parsimonia induce a lanciare coriandoli con l’elastico per riaverli indietro.
Il tutto nel ricordo delle tradizionali feste carnevalizie (immortalate anche questa volta nelle splendide immagini dell’archivio Ranfagni, ndr) del Buzzi, del Metastasio, del Circolo dei Bizzocchi, in quelle di Raffa all’Apollo, nella sontuosa Misoduli dove una fetta piccolo borghese della città trovava un approdo felice; nella festa della stampa, quando si abbandonava per una sera la macchina da scrivere "lettera 22" per andare a fare i piacioni al Met o al Politeama nel bisogno di non essere noi stessi almeno per un giorno, privilegiando la follia rispetto alla ragione e il caos con il culmine della licenziosità e dei festeggiamenti del martedì grasso, legati al mondo onirico delle manifestazioni precovid in cui la personalità conscia di facciata si faceva da parte per lasciare via libera a ciò che è subconscio.
Feste in maschera, concerti, dj set e laboratori per i più piccoli avevamo avuto anche nel giorno dei morti 1° novembre, sostituendo le zucche ai crisantemi, rispettando il business di Hallowen, che sta a significare affari da 260 milioni di euro. Da realisti quali fummo e restiamo, ci rendiamo conto che dolcetto-scherzetto fanno molto cult, anche se al posto del brodo di fegato di zombie e del filetto in salsa di pipistrello, che si decantano come primo e secondo della cena di Halloween, continuiamo in molti a preferire altre prelibatezze.
Ma lo spirito ironico della maschera che va a piede libero e ci aiuta a sopravvivere dopo le sventure pandemiche non deve farci dimenticare da dove veniamo e dove andiamo, a cominciare dall’imminente quaresima a ricordarci che sei polvere e ritornerai polvere (memento homo quia pulvis es et in pulverem reverteris, recitavano in chiesa) e a farti recuperare il senso di operosità e intima partecipazione che riempiva quei giorni con la magia delle tradizioni e la forza delle rappresentazioni senza tempo che si affacciavano soprattutto nella settimana santa: la visita del Santo Sepolcro, la Via Crucis del venerdì santo con le XIV stazioni, il triduo pasquale caratterizzati dal battito delle mazze, la lavanda dei piedi, il sabato santo con la benedizione del fuoco e dell’acqua con l’approdo alla festa pasquale in cui le campane rimaste silenti per tre giorni ricominceranno a squillare argentine, per ricordarci che abbiamo passato un periodo difficile, ma che il sole sorge ogni giorno per illuminare e scaldare il presente.