Le accuse erano pesanti: associazione a delinquere, contrabbando, induzione di falso nel pubblico ufficiale e una serie di violazioni tributarie. A tredici anni di distanza dalla maxi inchiesta della procura di Prato che aveva coinvolto 38 imprenditori – 37 cinesi e un italiano – non si è arrivati neppure ad aprire il processo. Tutto prescritto. I reati hanno superato il tempo massimo entro cui essere discussi, valutati e giudicati in relazione ai fatti, gettando alle ortiche un lavoro immane fatto dagli inquirenti per anni. È stato un impegno immenso anche solo arrivare a identificare e rintracciare i 37 imputati cinesi, ma adesso è tutto finito e chiuso nel cassetto. Scaduti i termini niente più reati né processo.
"Il Tribunale di Prato, dopo 13 anni, ha emesso una sentenza di prescrizione nei confronti di 37 cittadini cinesi e un italiano per i reati di associazione a delinquere, contrabbando, induzione di falso e altre violazioni tributarie. Questa sentenza ha reso vano il lungo lavoro investigativo di mesi, se non di anni, delle Forze di Polizia e della Procura della Repubblica di Prato. Per non parlare dei soldi pubblici spesi per le intercettazioni telefoniche. Tra l’altro l’Agenzia delle Entrate, che aveva sequestrato a scopo cautelare somme di denaro, è costretta a restituirle", interviene l’ex assessore Aldo Milone. "Questa sentenza, purtroppo non è l’unica nel panorama giudiziario italiano, rappresenta la vera falla del nostro sistema giudiziario. La sentenza ha reso vano un lavoro di mesi, se non di anni, degli apparati investigativi delle forze di polizia con una spesa di soldi pubblici notevole. In questo caso la prescrizione è arrivata senza neanche iniziare il processo. Tra l’altro con enormi difficoltà della Procura per identificare e notificare gli atti ai cittadini cinesi. Altro grande problema che il nostro sistema giudiziario è costretto ad affrontare. La stessa cosa succede con chi e’ imputato e di vede costretto a ricevere una condanna di primo grado dopo diversi anni. Il governo deve assolutamente mettere mano e in fretta ad una vera riforma del processo penale e anche civile. Mi metto nei panni adesso degli investigatori e del pubblico ministero che vede il suo lavoro nullo. Provoca sicuramente uno sconforto e una delusione".
Tutto era partito nel 2012 quando gli investigatori scoprirono un enorme flusso di merce con le partite di tessuto che venivano fatte passare per più leggere di quello che erano in realtà: il peso dichiarato, infatti, veniva falsato al ribasso in modo da pagare meno tasse. Non solo: la merce recava un destinatario fittizio a cui non arrivava mai prendendo, invece, altre strade e in questo modo evitando il pagamento dell’Iva.