Prato, 4 maggio 2022 - Grandi, grandissimi capitali frutto di evasione fiscale che vengono poi spostati all'estero: Prato è uno dei degli snodi centrali di questi traffici. Il Nucleo di Polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Prato ha concluso la prima fase di un’importante operazione (chiamata "Pluto") proprio in quest'ambito.
Le indagini, molto complesse, avviate di iniziativa e proseguite sotto la direzione della Procura pratese, sono partite da investigazioni proprie e dall’approfondimento di numerose segnalazioni di operazioni sospette ai fini antiriciclaggio pervenute dalla Banca d’Italia. È stata così individuata una famiglia cinese residente a Prato, i cui componenti – avvalendosi di prestanome – dal 2013 ad oggi hanno costituito ben 24 imprese fantasma al solo scopo di rastrellare, da altri connazionali attivi in tutta Italia - ingenti provviste di denaro frutto di evasione fiscale. Capitali che le ditte "fantasma" ricevevano sotto forma di corrispettivi di fatture per operazioni inesistenti emesse e che i componenti del nucleo familiare provvedevano poi a trasferire in Estremo Oriente, dopo aver trattenuto una percentuale per la prestazione di servizio resa.
Un fiume di denaro sporco verso la Cina
Le indagini hanno permesso di ricostruire - dal 2013 ad oggi - un flusso di denaro verso la Cina pari ad oltre 170 milioni di euro, tramite bonifici operati da conti correnti intestati alle ditte fantasma, in realtà gestiti dagli stessi componenti del gruppo criminale. Operazioni finanziarie non supportate da alcuna giustificazione.
Ditte fantasma: sedi-sgabuzzino e niente dipendenti
Le ditte investigate sono risultate avere sede in "bugigattoli" inutilizzati, non disporre né di lavoratori dipendenti né di strutture ed attrezzature e non avere mai operato importazioni di merci.
Ai prestanome compenso di 14mila euro
I formali titolari delle imprese, anch’essi di origine cinese e quasi tutti irreperibili, erano reclutati da una connazionale e, a fronte di un compenso in contanti di circa 14mila euro, mettevano a disposizione i propri documenti di riconoscimento per avviare le false attività imprenditoriali e aprire le posizioni bancarie.
Nei confronti del cittadino cinese a capo del sodalizio, il Tribunale di Prato ha emesso una misura cautelare in carcere e ha disposto il contestuale sequestro per equivalente di beni fino all’ammontare di oltre 17 milioni di euro. Emissione di fatture per operazioni inesistenti, omessa e/o infedele presentazione della dichiarazione annuale ed omesso versamento dell’Iva i reati al momento contestati. Denunciato anche un italiano per esercizio abusivo della professione di intermediario immobiliare. Le indagini, ancora in corso, proseguono per raccogliere ulteriori elementi e confermare l’origine illecita dei proventi trasferiti in Cina e suffragare così l’ipotesi del reato di riciclaggio.