Rivolta dei detenuti in carcere. Agenti colpiti con spranghe di ferro

La ‘guerriglia’ nella sezione di media sicurezza: due detenuti hanno divelto le finestre e sfasciato gli arredi. L’allarme del Sappe: "Polizia penitenziaria allo stremo. Stiamo valutando lo stato di agitazione". .

Non c’è pace nel carcere toscano di Prato. Due reclusi di origine magrebina martedì attorno alle 18, hanno danneggiato la sezione detentiva di media sicurezza del penitenziario e aggredito gli agenti. Due giorni prima nel penitenziario si era tolto la vita un detenuto italiano cinquantenne. A riferire della sommossa è il Sappe con il segretario regionale Francesco Oliviero: "È successo intorno alle 18, quando i due detenuti per futili motivi hanno prima danneggiato le porte, i cancelli dell’atrio del piano e la scrivania dell’ufficio agenti e dopo hanno divelto le finestre della sezione detentiva dove erano ristretti: rotto vetri e qualunque cosa gli capitasse sotto tiro. Poi, armati di spranghe di ferro ricavate da una finestra che hanno sfasciato, hanno aggredito il personale di polizia penitenziaria in servizio mentre cercava di calmarli". Ad avere la peggio sono stati due agenti, trasportati al pronto soccorso. Per riportare l’ordine è stato necessario l’intervento di altro personale fuori servizio. "La situazione è grave ed ingestibile – denuncia Oliviero – servono personale, un direttore e un comandante in pianta stabile e come diciamo da tempo bisognava eliminare il ‘regime aperto’ di alcune sezioni. Tutti sanno ma nessuno fa niente".

"Il personale di Polizia Penitenziaria di Prato, come nel resto del distretto Toscana-Umbria, paga il duro e amaro prezzo di un sistema penitenziario che presenta notevoli e vistose lacune, partendo dall’assenza di personale per finire a quello rieducativo passando per quello delle strutture fatiscenti e degradanti", denuncia Donato Capece, segretario generale del Sappe, esprimendo solidarietà agli agenti feriti. "Basta, aspettano forse che veramente ci scappi il morto? È questa la frase di sfogo dei poliziotti. La Polizia Penitenziaria non ce la fa più a gestire questa situazione e nei prossimi giorni valuterà se indire lo stato di agitazione" conclude Capece.

Del caso Dogaia, dopo l’ultimo suicidio, quello avvenuto lunedì, quando un detenuto di 57 anni si è tolto la vita (quarto suicidio dall’inizio dell’anno), ha parlato anche Matteo Giusti, presidente del Comitato Nazionale Radicali Italiani: "L’attenzione ai diritti umani, alla salute mentale e al benessere di chi vive e lavora a La Dogaia non può più essere rimandata.È evidente la necessità di un intervento urgente e strutturale per migliorare le condizioni di vita dei detenuti e di tutto il personale carcerari – ha detto – oltre che per fornire supporto psicologico e assistenza adeguata a chi si trova in situazioni di vulnerabilità estrema".