Non più emergenza, ma crisi vera e propria. L’assistenza offerta dal servizio pubblico ai nostri anziani non è assolutamente sufficiente a venire incontro ai bisogni crescenti. La popolazione ’over’ aumenta. C’è una fetta di popolazione con i capelli d’argento che è attiva e sta mediamente bene, ma la stragrande maggioranza degli ultra 75enni ha bisogno di attenzione, come minimo, e cure specifiche, spesso.
Siamo passati da un sistema socio-sanitario che puntava a curare la persona a casa a una organizzazione che si è basata essenzialmente sulle residenze. Adesso di fronte ad uno scenario che sta esplodendo si cerca di rimettere in piedi, in maniera efficace, una miscela virtuosa tra Rsa e assistenza domiciliare. Un equilibrio che appare lontano. E che dovrebbe tener conto di tanti elementi: la persona in primis e la sua dignità, le cure e attenzioni da prestarle, la famiglia e i caregiver (che spesso coincidono), le risorse a disposizione sia dei singoli che della collettività. Tracciando una linea e facendo due conti torna poco e nulla. Se poi si mettono nel conto anche gli enormi problemi del personale che lavora nelle Rsa allora si capisce che siamo di fronte ad una crisi davvero profonda.
Di fatto il sistema pubblico, purtroppo precario anche in Toscana, non ce la fa. Rincorre i problemi, tampona le emergenze. Si chiedono più fondi. Ma non può essere sempre colpa del governo se piove.
Il mix tra assistenza di prossimità (vicino a casa o a domicilio) e strutture di assistenza e cura è stato rimesso in piedi da poco. E andrà a regime chissà quando. Alla precarietà però, guarda caso, risponde sempre il mercato: la Toscana è diventata terra di radicamento di strutture private, Rsa efficienti e costose. Non tutti se le possono permettere. Se non vendendo casa.