Nell’ampio capitolo del caso Prato un ambito significativamente importante è relativo ai servizi sanitari. All’inizio della settimana abbiamo parlato di una vicenda di una paziente 65enne entrata nell’imbuto dell’assistenza del ponte di Ognissanti: 48 ore al pronto soccorso (degenza breve) prima di avere una diagnosi puntuale a seguito di esame specialistico. Abbiamo raccontato questo caso per evidenziare ancora una volta come i servizi della sanità pubblica siano insufficienti di fronte alla richiesta di cure di una città complicata. Mancano fondamentalmente i servizi territoriali intermedi, quelli tanto attesi. Case di Comunità e Pir. Prato li agogna.
Sono stati promessi (Casa di Comunità a San Paolo), il Pir, presidi ed ambulatori per la presa in carico tempestiva dei cittadini che presentano problemi di natura non grave, doveva partire ad inizio autunno. E così l’ospedale Santo Stefano e in particolare il pronto soccorso restano sotto l’assalto specialmente nel fine settimana. Lo ammette la stessa Asl quando dice che “è in fase di realizzazione la nuova palazzina che garantirà all’Ospedale un incremento significativo di posti letto: renderà possibile, attraverso la ridistribuzione delle Unità Operative del piano terra, l’ampliamento degli spazi della Medicina d’Urgenza in modo da garantire a chi dovrà affrontare un periodo di osservazione, condizioni di comfort più adeguate“. Quanto al maggiore afflusso di codici minori nei fine settimana “si tratta di una casistica che, sebbene impropria per un servizio dedicato all’Emergenza-Urgenza, deve per ora trovare risposta presso le nostre strutture, questo almeno finchè gli interventi già in fase avanzata di realizzazione (case di comunità, Pir, continuità assistenziale) non arriveranno a compimento“. Bastano le parole dell’Asl per far capire che il caso Prato ha bisogno di grande attenzione anche per il settore sanità?