SILVIA BINI
Cronaca

Alluvione, gli sciacalli rubano anche il dolore: attenzione ai falsi volontari

L’ultima truffa: una comunicazione del Ministero dell’Interno invita a lasciare le abitazioni. I residenti ripartono fra le lacrime: "Auto, mobili, ricordi spazzati via"

Prato, 8 novembre 2023 – E’ ancora piena emergenza. Tra lacrime, paura di una nuova piena prevista per giovedì e sciacalli in azione. Dopo i falsi addetti di Publiacqua, le false richieste di denaro da parte dell’associazione Stremao, ecco che ieri a Figline sono comparsi volantini con l’intestazione del Ministero dell’interno che invitano i cittadini a lasciare le abitazioni pena una denuncia, il rischio di condanna a una ammenda e nei casi più gravi l’arresto. Si tratta di notizie assolutamente false, i volantini sono stati segnalati alla Questura che oltre a ritirarli fa sapere che non c’è alcun provvedimento del genere in atto. Dunque, è necessario prestare la massima attenzione. Attenzione anche ai falsi volontari vestiti con pettorine fluorescenti che chiedono di entrare nelle abitazioni per verificare lo stato dei luoghi. Anche in questo caso non c’è nessuna iniziativa del genere in atto. Come se non bastasse quanto avvenuto, c’è chi cerca di approfittare della debolezza e della fragilità di chi ha perso tutto.

Il quinto giorno dopo l’alluvione è un viavai di ruspe, camion, sirene ed elicotteri, che sorvolano la città da giorni. Agli angoli delle strade cumuli di rifiuti ovunque, auto aperte in cerca di uno spiraglio di sole, che ieri mattina è tornato. La normalità è lontana dopo la furia del ciclone Ciaran. In via di Cantagallo rallegrano solo le urla dei bambini della scuola elementare di via Natreta ai piedi di Figline, che da ieri sono tornati in classe grazie alla forza di genitori e personale della scuola che ha fatto di tutto per ripulire le classi allagate. Fuori nella strada per Figline i mezzi sono all’opera. Si tenta di rialzarsi ma la strada è lunga.

“Ci tengo personalmente a ringraziare tutti coloro che in queste ore ci hanno aiutato a ripulire i locali della farmacia devastata", dice Gherardo Fallani, titolare dell’omonimo negozio che a stento trattiene le lacrime. "Medicinali, arrendamento, porta, tutto è stato devastato, i danni sono ingenti". Nonostante tutto la farmacia è aperta: "Sono qui anche per le persone che hanno bisogno – dice –. In questi giorni abbiamo distribuito farmaci a chi ne aveva bisogno, la sera siamo costretti a chiudere la porta con assi di legno per evitare che sciacalli entrino e facciano razzia. Davanti a questa tristezza c’è la forza di volontà. L’aiuto che ho ricevuto è stato davvero tanto". L’auto della polizia si scambia con quella della protezione civile, un saluto appena accennato con la testa basta per capirsi. "La piena mi ha portato via la macchina, è da buttare. Non potrò comprarne una nuova, forse usata", dice Claudio Biancalani, bidello in pensione. "Ho spalato fino a mezzanotte e siamo qui, a portare un servizio. L’importante è esserci", dice con ottimismo Massimo Mirati che gestisce l’alimentari Scatizzi aperto da 110 anni e ancora presidio della zona di Figline. "Sono a dare una mano a chi è stato meno fortunato", dice Antonio Mazzoni, pensionato che insieme ad altri cittadini si è reso disponibile a spalare fango. "Ho perso un’intera taverna, mobili, divani, avevo un collezione di antichità. È tutto andato perso, saranno 50mila euro di mobili da buttare", dice Cinzia Ciampolini. "Che devo fare? Posso solo buttare tutto".

Giacomo Becchi guarda la sua casa: da venerdì cerca di sistemare quanto più possibile. La moglie ha le lacrime agli occhi, piange e si dispera. Lui tenta di farle forza: "Stiamo bene, questo è importante". Lei annuisce ma la disperazione è troppa da sopportare. "Avevamo appena cambiato le finestre di casa, è stato tutto spazzato via. Mobili che avevamo da 50 anni non ci sono più, le porte interne sono state scardinate dalla furia dell’acqua". La commozione prende il sopravvento. Ora la casa è stata quasi del tutto svuotata e riempita di generosità: grazie ai vicini e conoscenti, adesso c’è di nuovo una tavola dove mangiare, un fornello da campo per fare un caffè e un mobile per appoggiare tazze e piatti. "La caldaia funziona è ripartita, non è cosa da poco", aggiunge Becchi. No non è cosa da poco visto che quando cala il sole l’umido entra nelle ossa stanche. "C’è tanta solidarietà, siamo un bar quindi abbiamo dato acqua e quello di cui c’era bisogno", dice Pamela Lovano mentre sedia dopo sedia cerca di togliere la melma che ancora è attaccata all’arredamento del bar che porta proprio il nome del torrente Bardena.