"Se ne va il Novecento dell’arte". Prato piange Giuliano Gori, uomo straordinario. Il talento di saper leggere i tempi

Il sindaco: "La città deve ringraziarlo anche per Moore". Nerbini: "Donò il presbiterio della Cattedrale" .

Giuliano Gori

Giuliano Gori

Prato, 27 gennaio 2024 – La notizia della morte di Giuliano Gori si è diffusa rapidamente in città, suscitando emozione e cordoglio. "Con Giuliano Gori se ne va il Novecento dell’arte della nostra città e della sua relazione con il mondo - dichiarano il sindaco Matteo Biffoni e l’assessore Simone Mangani -. Imprenditore, innovatore, amante riamato degli artisti e delle artiste, ha fatto della storica Fattoria di Celle il prototipo italiano dell’arte ambientale grazie all’intuito, alla capacità di sperimentare, alla sapienza nell’interpretare le possibilità che un luogo immerso nella natura poteva offrire. Assieme a Bertini è stato decisivo per l’arrivo di Henry Moore a Prato e ancora nel 2012 grazie a lui la collezione pubblica del Museo di Palazzo Pretorio si arricchisce della donazione Lipschitz. Gori è stato esempio inimitabile e libero". Ricorda Gori anche il governatore Giani: "Ci sono uomini che con la loro passione e la loro generosità riescono a costruire esperienze di bellezza patrimonio di tutti".

Forte emozione da Stefano Collicelli Cagol, direttore del Centro Pecci, che ricorda di essere partito da Celle per la sua formazione nel campo dell’arte. "Gori è stato una figura gigantesca non solo per il Pecci, ma per l’arte internazionale grazie alla sua visionarietà, alla capacità di leggere la contemporaneità e di legarsi agli artisti. E’ stato molto vicino ad Enrico Pecci quando stava pensando a creare il Centro. E’ stato un gigante nella capacità di costruire un luogo come la Fattoria di Celle, fondamentale per far conoscere il territorio e portare voci internazionali che oggi sono tra le più famose nell’arte". Daniele Matteini, presidente di Confindustria Toscana Nord, afferma che "di lui rimangono le tante iniziative a cui ha dato vita e le opere d’arte che ha acquisito e che fanno della Villa di Celle, dove si tenne l’ultimo incontro formale che Ctn ha avuto con lui – ricorda – Una riunione in vista delle iniziative per Pistoia Capitale della cultura". "Un pensiero grato e riconoscente va a Giuliano Gori per quanto ha fatto per la città e per la Chiesa di Prato". Così il vescovo Giovanni Nerbini.

A lui e alla sua munificenza si deve il nuovo presbiterio del Duomo, realizzato nel 2001 da Robert Morris, che fece l’altare in marmo bianco di Alcantara, l’ambone e un candelabro. Nell’occasione Gori donò un’altra opera di Morris per il chiostro della Cattedrale: la scultura Quattro per Donatello. "Sono opere straordinarie e originali", commenta monsignor Giuseppe Billi, presidente della Commissione diocesana di arte sacra: "Grazie a Gori la nostra Cattedrale si aprì all’arte contemporanea". Nello stesso periodo Gori donò una antica testa di un Crocifisso di legno policromo del 1230 al Museo dell’Opera del Duomo.

"Sfogliando il catalogo di un’asta vidi che in vendita c’era questa antica opera – racconta Claudio Cerretelli, già direttore del Museo dell’Opera del Duomo – e riconobbi la testa del Crocifisso antico della Cattedrale, di cui se ne erano perse le tracce. Per noi sarebbe stato impossibile acquistarla, così ci rivolgemmo a lui, che la comprò e donò alla collezione del Museo. Gliene saremo sempre grati". Irene Sanesi, esperta in economia gestione e fiscalità della cultura, lega il suo ricordo al percorso dentro la Fondazione del Pecci: "E’ un esempio di genius loci una persona che anche con il passare dell’età non ha mai perso lo spirito giovane e di curiosità". E nel 2021 è stato il vincitore del premio Cerreto, consegnato da Fernando Meoni insieme alla moglie Eleonora Lastrucci al figlio Paolo Gori.

Sara Bessi