REDAZIONE PRATO

Sfruttamento e illegalità, operaio cinese si ribella e denuncia gli aguzzini. “Cade il muro di omertà”

Due imprenditori sono finiti agli arresti domiciliari mentre per due loro familiari è stato disposto il divieto di dimora nel comune di Prato. Trovati i diari dei lavoratori: pagati 13 centesimi per ogni capo di abbigliamento confezionato

Un fermo immagine del blitz della Guardia di Finanza all’interno del capannone

Un fermo immagine del blitz della Guardia di Finanza all’interno del capannone

Prato, 18 ottobre 2024 – Ogni capo di abbigliamento prodotto e confezionato veniva pagato 13 centesimi con turni di lavoro di 13 ore, sette giorni su sette, senza interruzioni per una paga mensile inferiore a 1300 euro pagate per lo più in nero. Quasi per tutti un posto letto in abitazioni trasformate in dormitori sovraffollati e con carenti condizioni igienico-sanitarie. È l’ultima inchiesta della Procura di Prato che ha eseguito quattro misure cautelari nei confronti di altrettanti imprenditori cinesi, accusati di aver sistematicamente sfruttato numerosi operai di due ditte di confezioni. Ai domiciliari sono finiti in due, considerati i gestori occulti delle ditte individuali, mentre per due loro familiari è stato disposto il divieto di dimora nel comune.

Dopo mesi e mesi di vessazioni, un operaio cinese ha deciso di rompere il muro del silenzio e denunciare i suoi aguzzini. Sono pochi i casi simili. L’uomo, senza permesso di soggiorno, ha vinto le resistenze ed ha raccontato quanto stava avvenendo nella confezione in cui era impiegato, ovviamente senza alcuna tutela prevista dalla legge. Da qui le indagini della Guardia di Finanza e del dipartimento di prevenzione della Asl che hanno appurato come situazioni simili riguardassero altri 24 cittadini extracomunitari, soprattutto cinesi (di cui 4 irregolari in Italia): anche loro non avevano diritto a ferie, malattie, contributi e lavoravano a cottimo, per 13 centesimi a capo confezionato. Informazioni riportate anche nei diari scritti da ciascun operaio e ritrovati nell’ambito dell’operazione: una sorta di ’agende di lavoro’ nelle quali ogni operaio, a fine giornata, annotava la produzione portata a termine con il conteggio del corrispettivo da riscuotere.

“Nessuna garanzia – scrive il procuratore Luca Tescaroli – in termini di tutele sindacali, malattia, riposi settimanali, tredicesima e ferie. La denuncia presentata da uno degli operai sfruttati è segno che la comunità orientale non è così granitica e che si sta iniziando a penetrare il muro di omertà”. Tescaroli auspica un effetto emulazione per arrivare il prima possibile “ad un aumento delle denunce”.

L’operaio cinese che ha denunciato i propri aguzzini è stato inserito nel percorso di tutela previsto dal protocollo d’intesa contro lo sfruttamento ed ha ottenuto, su richiesta della Procura, il permesso di soggiorno ai sensi del Testo unico sull’immigrazione, “in assenza – sottolinea il procuratore Tescaroli – della possibilità di applicare la normativa sui collaboratori di giustizia, prevista solo per i cittadini italiani”.

Le due aziende finite nel mirino si trovano in un complesso produttivo nella zona dell’Ippodromo, tra via di Gello e via Gestri ed entrambe hanno come anello finale un pronto moda in via del Molinuzzo. “Tutte e due – è stato ricostruito nel corso delle indagini affidate alla Guardia di Finanza – attive da anni ma con diversi cambi di denominazione e partita Iva per evitare controlli e, soprattutto, il pagamento delle tasse”. Oltre alle misure cautelari è stata data esecuzione ad un provvedimento di sequestro preventivo emesso dal gip di Prato, sempre su richiesta della Procura, finalizzato alla confisca del profitto di reato, costituito dai debiti previdenziali dovuti, per un importo complessivo di oltre 184.000 euro.

“E’ emersa chiaramente la volontà dei gestori di fatto delle ditte in questione di massimizzare il profitto a qualunque costo, sociale, umano, sanitario, previdenziale - conclude la nota della Procura - obiettivo perseguito anche attraverso l’abbattimento del costo del lavoro, creando una evidente distorsione economico-concorrenziale con le altre aziende del medesimo settore che rispettano le regole e sopportano costi maggiori”.

L’operazione ha ricevuto il plauso della parlamentare di Fratelli d’Italia, Chiara la Porta: “Complimenti alla Guardia di Finanza e agli inquirenti per un altro colpo inferto ad un sistema, purtroppo ben radicato sul nostro territorio, di sfruttamento di operai ad opera di imprenditori cinesi”.

Silvia Bini