Sotto l’ombrellone. E i pratesi in Versilia non si rassegnano

Dal litorale alla città: quando le ditte restavano aperte

Sotto l’ombrellone. E i pratesi in Versilia  non si rassegnano

Molte imprese del settore tessile hanno deciso chiusure più lunghe perché manca il lavoro: il mercato vive un periodo di incertezza

di Roberto Baldi

Ferragosto, il vero capodanno laico, dispersi in località montane marine o lacustri in attesa di tornare al lavoro.

Non è più per il pratese il ferragosto di un tempo quando si affrontavano itinerari di fuorivia per il viaggio esotico (che per taluni cambiava la consonante da esotico a erotico, ma erano tempi di politicamente ’scorretto’).

Abbiamo riscoperto il mare di noialtri, prevalente della Versilia, con il gossip di sempre: quello della bellezza con smalto rouge-noir sulle unghie; quello delle ex belle, un po’ vintage in un rito catartico di raggi ultravioletti. C’è chi si consola sotto l’ombrellone o la tenda extra large che fa status symbol, con le riviste settimanali dove i vip imperano come ogni estate che si rispetti. C’è perfino Belen, fotografata in bikini ed ha la cellulite... dicono sottovoce tante signore pratesi.

È una vacanza quest’anno forse meno ammaliante del solito: c’è già un occhio prematuro al ritorno lavorativo, dato che le ferie sono state anticipate dal calo del tessile e c’è bisogno di raccordare i suoni prima che la crisi diventi istituzionale, come si dice con un aggettivo rubato alla politica, qualle dei dibattiti più che della concretezza risolutiva.

Mentre sui litorali si discute della direttiva Bolkestein sulle concessioni balneari, non sapendo ancora che fine faranno i bagni e gli investimenti familiari di decenni, Prato s’interroga sul domani.

Che dal tempo dei tempi, l’ultranovantenne Renato Cecchi esorcizza con la visita alla Rifinizione Santo Stefano nel giorno di ferragosto, scendendo dalla splendida villa di Camaiore: fino a pochi anni fa il primo ad alzarsi al mattino per fare il mescolo, sperando che la spola torni a correre, perché il telaio gli è come il core, come diceva Paolino Millecolpi da Vaiano. Anche per quelli che restano in città si torna a riscoprire un ferragosto nuovo non più attraverso la distribuzione del cocomero, icona dell’estate dissetante, depurativo, rinfrescante e diuretico, sostituito dall’iniziativa di Urano Corsi, il pratese che più pratese non si può nemmeno col candeggio, con le cinque teglie di castagnaccio che racchiude solitamente l’allegria e la luce dell’autunno, ma che in una città avvezza ad anticipare i tempi contribuisce a suo modo alla riscoperta della pratesità.

Una parte non banale della toscanità, che negli ultimi anni si era un po’ abbandonata in una città diventata troppo cosmopolita e troppo distratta per avere il tempo di ritrovarsi, beandosi dello shopping district extralusso di Forte de’ Marmi, un susseguirsi di vetrine dove puoi acquistare un cappottino di Gucci per il tuo cane, ma dove è impossibile trovare il calzolaio e la copisteria che Prato ti concede anche in questi giorni di calura.

Fummo e restiamo una provincia di eclettici, che sappiamo affrontare le esigenze nuove dei tempi nuovi senza piangerci addosso. Sarà comunque giorno di festa per quelli dentro le mura e per quelli di fuori, per quelli che fanno vacanze nella tentacolare Versilia e per quelli che la fanno a Legri, godendoci il fruscio del ruscello, l’aria della sera ed il fascino del lago col saltellare dei cavedani. Aspettando tempi migliori. Anche e soprattutto per il nostro tessile che quest’etate è stato costretto a chiudere i battenti prima e a riaprire dopo. Dice chè colpa del ’sistema’. Ma Prato ha sempre dettato il sentiero, la strada, l’orizzonte. Non vogliamo pensare che non sia più così.