Prato, 22 dicembre 2024 – È ricordata come la strage di Natale. L’attentato diede inizio alla “stagione stragista” culminata con le stragi del 1992-1993, fino al fallito attentato all’ Olimpico del gennaio 1994. Era domenica il 23 dicembre 1984 quando, alle 19.08, un ordigno telecomandato sistemato sulla griglia portaoggetti della nona carrozza del treno rapido 904 Napoli-Milano, un vagone di seconda classe, esplose mentre il convoglio transitava sotto i 18 km della galleria Direttissima nell’Appennino toscoemiliano, tra le stazioni di Vernio e San Benedetto Val di Sambro. Nell’attentato, che la Corte di Cassazione confermò essere di matrice “terroristica mafiosa”, morirono 16 persone ed altre 260 rimasero ferite: a 40 anni di distanza, nonostante alcune condanne, c’è ancora un’inchiesta in corso alla procura antimafia di Firenze, riaperta a inizio anno alla ricerca dei mandanti, mai identificati, della strage del Rapido 904.
Per individuare i responsabili ci sono voluti ben sei processi che hanno portato alla condanna all’ergastolo di Pippo Calò, fedelissimo di Totò Riina, e di due suoi collaboratori e a 22 anni per Friedrich Schaudinn, l’artificiere tedesco che avrebbe realizzato il congegno usato per l’esplosione. Nei mesi scorsi la procura di Firenze ha acquisito “atti dei Servizi declassificati presso l’archivio storico di Roma e anche atti presso varie autorità giudiziarie”. Entro la primavera prossima la procura attende “una corposa informativa dei Ros” in modo da mettere insieme le carte e i fatti e dare una risposta a una strage troppo spesso dimenticata.
La nuova inchiesta della Dda di Firenze si concentra sull’eventuale esistenza di un filo rosso che legherebbe Calò all’estrema destra e a esponenti dei servizi segreti, un intreccio mai chiarito tra mafia e terrorismo nero.
Già nel 2011 fu aperto un nuovo fascicolo con un’ordinanza di custodia cautelare per Totò Riina: il capo di Cosa Nostra era considerato il mandante della strage. In primo grado a Firenze nel 2015 Riina fu assolto per mancanza di prove e nel 2017, due mesi prima della sua morte a Parma dove stava scontando 26 ergastoli, arrivò lo stop al processo di Appello in seguito al decesso dell’imputato.
Il rapido 904 era partito da Napoli carico di persone in viaggio per le feste di fine anno e aveva fatto sosta a Roma, per proseguire alla volta di Firenze, da dove era ripartito con 607 passeggeri. Secondo gli inquirenti fu alla stazione di Firenze che in due borse venne collocato sul vagone l’ordigno. Rivendicarono l’attentato ben 23 organizzazioni di estrema destra, estrema sinistra e gruppi stranieri. Gli inquirenti però non diedero eccessivo credito ad una matrice esclusivamente politica, ritenendo più attendibile una “feroce risposta” alle rivelazioni di Tommaso Buscetta che proprio in quei giorni avevano “messo in ginocchio la mafia”. La nuova inchiesta tenterà di fare luce su molti aspetti che sono rimasti irrisolti.
L.N.