
Dai rifiuti sui marciapiedi ai barbecue infiniti sui balconi. Un residente: "Quante segnalazioni in questi mesi..." "Giuste le parole del vescovo sull’accoglienza, ma alcune comunità sono indifferenti alle regole del vivere civile".
PRATOForse solo nella città più multietnica d’Italia poteva capitare che il centro storico si trasformasse in un villaggio globale, dove accanto al Canto della Bistecca a tagliare barba e capelli ci pensa il parrucchiere Annur. A due passi la fissità luminosa del pulpito di Donatello. E dietro l’angolo, a un soffio appena, il mondo che negli anni ha piantato piedi e progetti al posto delle vecchie botteghe pratesi. Minimarket, macellerie halal, kebabbari, negozi di telefonia bengalesi fioriti, nutriti, incastonati nella pancia di una città che ha perso un po’ della sua anima. O magari ne ha trovato soltanto una nuova. Sicuramente più complicata: impone sfide legate al decoro urbano, alla sicurezza e all’integrazione. Queste sfide, chi abita in centro, le vive quotidianamente. Come Francesco Tognocchi, che ha casa a due passi da piazza Duomo, in via Pier Cironi. E che prende spunto dalla scelta del vescovo Giovanni Nerbini – quella di concedere il cortile di San Domenico alla comunità bengalese per la fine del Ramadan – per riflettere sui problemi della convivenza."Ho letto con sentimenti contrastanti la notizia della messa a disposizione del chiostro di San Domenico per la festa di fine Ramadan – scrive in una lettera indirizzata al vescovo –: La mia formazione personale mi porta a condividere pienamente il sentimento di accoglienza coltivato dalla chiesa cattolica, dal Santo Padre e da Lei, guida della chiesa pratese. Condivido, e cerco di vivere in pieno nella vita, dall’esperienza scout, di volontariato e nell’attività di professore, la spinta verso la ‘ ... reciproca conoscenza e collaborazione, non solo auspicabili, ma necessarie per vivere una proficua convivenza’", spiega Tognocchi riprendendo le parole di Nerbini. "Questi sentimenti, reciproca conoscenza e collaborazione, devo dire, sono parte della cultura occidentale, ma non li riscontro nel comportamento quotidiano delle comunità presenti sul territorio pratese". Tognocchi si riferisce in particolare alla comunità bengalese. Parla con cognizione di causa: nel suo computer ha accumulato archivi fotografici di via Pier Cironi e di altre strade del centro storico, da via Magnolfi a via del Serraglio. Foto che via via ha inoltrato a istituzioni, polizia municipale, Alia, Prefettura, Nas ed altri soggetti. Merce o rifiuti abbandonati fuori dalle botteghe, sui marciapiedi, non un bel vedere per i turisti che vogliono scoprire il centro di Prato (ma nemmeno per chi lo vive). Citofoni che raccontano di famiglie numerose stipate in pochi metri quadrati, in appartamenti centralissimi ma fastiscenti. I camioncini che scaricano la merce dei minimarket fermi ore a bloccare il passaggio. "E non le dico la situazione nel mio palazzo. Nel mio vivere quotidiano mi trovo ordinariamente a confrontarmi con la totale indifferenza alle regole di convivenza e vivere civile, nonostante i tentativi sistematici di dialogo e collaborazione con la popolazione bengalese – spiega Tognocchi– Auspico l’accoglienza delle popolazioni in difficoltà, o comunque popolazioni che scelgono di vivere in Italia, a patto però che le istituzioni civili e religiose italiane non rinuncino al loro ruolo di guida e controllo del rispetto delle regole civili". Su questo batte: "Alcuni interventi sono stati effettuati, dopo svariate segnalazioni e risposte a negare l’evidenza. Io voglio bene alla mia città: credo che un centro più decoroso giovi a tutti. Ma le istituzioni hanno il potere di incidere e mi aspetto facciano la loro parte". Maristella Carbonin