Prato e i suicidi in carcere, un altro caso. Detenuto 35enne si toglie la vita in cella

Quarta tragedia in poco più di sette mesi nella struttura della Dogaia

Prato, 7 agosto 2024 – Nuovo suicidio nel carcere pratese della Dogaia. Un detenuto 35enne di origini nordafricane si è tolto la vita nella giornata di mercoledì 7 agosto. Quando gli agenti sono intervenuti l’uomo era già morto. Arrivava dal carcere Don Bosco di Pisa, da cui era stato trasferito. Erano le 15.30 quando la polizia penitenziaria ha scoperto cos’era accaduto. 

L’ultimo episodio era avvenuto lo scorso 28 luglio. In quel caso a togliersi la vita era stato un 27enne che si era impiccato in cella. Lo avevano soccorso. Era stato portato in ospedale, dove poi è spirato. Una tragedia che in quel caso era avvenuta dopo un tentativo di rivolta di alcuni detenuti nel carcere pratese. 

Il carcere della Dogaia a Prato. Dall'inizio dell'anno sono quattro i detenuti che si sono tolti la vita nell'istituto di pena
Il carcere della Dogaia a Prato. Dall'inizio dell'anno sono quattro i detenuti che si sono tolti la vita nell'istituto di pena

Una nuova tragedia scuote dunque la città e ripropone con forza il tema delle carenze dell’istituto di pena. Lo scorso 2 agosto la deputata di Forza Italia, anche alla luce del suicidio avvenuto il 28 luglio, aveva visitato il carcere di Prato. “Chiederò al governo un’attenzione maggiore per il carcere di Prato – aveva detto – fermo restando che, per le risorse attualmente stanziate, la situazione non è affatto emergenziale”.

"Il carcere di Prato attualmente non ha un direttore titolare. Non ha un comandante titolare. Ha una gravissima carenza di organico di Polizia Penitenziaria e si trova in una condizione di sovraffollamento", erano state le parole di allarme della sindaca di Prato Bugetti dopo il suicidio del 28 luglio. La sindaca aveva scritto una lettera al ministro della Giustizia Carlo Nordio. 

"In sette mesi – aveva scritto Bugetti –  tre detenuti si sono tolti la vita, con una striscia di morte iniziata alla fine del 2023. Sono casi dolorosi che rappresentano solo la punta di una condizione alla quale detenuti, agenti di polizia penitenziaria, operatori sono costretti, e che più volte alla nostra istituzione hanno rappresentato la condizione di seria difficoltà”.

Il carcere di Prato, aveva poi spiegato la sindaca, “si trova in una condizione di sovraffollamento. Non è in grado di garantire una adeguata assistenza medica, nonostante l’incredibile sforzo del personale competente. Non è in condizione di seguire e sorvegliare adeguatamente i detenuti con problemi psichiatrici riconosciuti. Non ha mediatori culturali sufficienti a gestire un’alta percentuale di stranieri. Riceve, come rappresentato dai sindacati di Polizia Penitenziaria, un alto numero di detenuti trasferiti da altri istituti per ordine e sicurezza, aggravando la condizione di chi lavora o è costretto alla detenzione già pesante all’interno dell’istituto”. Chiedendo quindi un incontro al ministro. 

«La situazione è inaccettabile – dice Giulio Riccio della Fp Cgil – Lo avevamo già denunciato dopo l’ultimo suicidio e dopo i disordini. Prato subisce il trasferimento di questi detenuti per motivi di ’ordine e sicurezza’, come se spostandoli da un carcere all’altro la situazione cambiasse. Spesso sono detenuti psichiatrici che dovrebbero andare nelle Rems, strutture dove possono essere curati per le loro patologie, ma sul territorio scarseggiano. Con la pianta organica che abbiamo è impossibile andare avanti».