![L’entrata della casa circondariale di Prato dove nel pomeriggio di venerdì un detenuto di 32 anni si è tolto la vita con il gas L’entrata della casa circondariale di Prato dove nel pomeriggio di venerdì un detenuto di 32 anni si è tolto la vita con il gas](https://www.lanazione.it/image-service/view/acePublic/alias/contentid/NWVkNTFiNTktNmZiOC00/0/suicidio-in-carcere-con-il-gas-errore-le-bombolette-nelle-celle-i-presidi-perdita-che-ci-colpisce.webp?f=16%3A9&q=1&w=1280)
L’entrata della casa circondariale di Prato dove nel pomeriggio di venerdì un detenuto di 32 anni si è tolto la vita con il gas
La procura ha disposto l’autopsia sul corpo del detenuto, magrebino di 32 anni, che venerdì pomeriggio si è tolto la vita inalando il gas della bomboletta data in dotazione nelle celle per riscaldare le bevande. Si tratta del sesto suicidio che avviene dell’interno della Dogaia in poco più di un anno. "Non serve a nulla continuare a fare la conta della cose che non vanno (la mancanza di un direttore e di un comandante, la carenza di organico, il sovraffollamento, le difficoltà strutturali). Quello che dovevamo segnalare, lo abbiamo detto in più occasioni. Quello che manca davvero è la volontà di risolvere i problemi", attacca Paolo Alonge, segretario provinciale del Sinappe (sindacato nazionale autonomo di polizia penitenziaria), che spesso è in prima linea insieme ai colleghi per arginare disordini e situazioni complesse all’interno della casa circondariale di Prato. "L’episodio di venerdì ne è la riprova – aggiunge Alonge – Le bombolette di gas all’interno delle celle sono armi spesso usate contro gli agenti in servizio, eppure sono concesse dal Ministero". Alonge spiega che le bombolette di gas, uguali a quelle usate per il campeggio, sono pericolose in quanto il gas non solo viene inalato come se fosse una droga, ma le bombolette vengono usate per dare fuoco alle celle, attaccare gli agenti o trasformarle in lame rudimentali, simili a coltelli. "Abbiamo spiegato più volte che andrebbero eliminate o sostituite con delle piastre ma nessuno ci ha mai ascoltato. Due anni fa a un mio collega fu lanciato in faccia l’olio bollente. Ripeto il vero problema è il totale disinteresse da parte degli organi istituzionali. Ci si dovrebbe sedere a un tavolo ma a nessuno interessa".
Intanto sul suicidio avvenuto alla Dogaia venerdì, a cui ieri se ne è aggiunto un altro a Sollicciano, intervengono i presidi del Cpia 1 di Prato, del Datini, Dagomari e Buzzi, insieme ai rispettivi dirigenti scolastici Teresa Bifulco, Francesca Zannoni, Claudia Del Pace e Alessandro Marinelli che hanno espresso "sgomento" per la tragica scomparsa del giovane detenuto. "Questa perdita ci colpisce profondamente perché era un nostro studente – scrivono –, un giovane che aveva scelto di intraprendere un percorso di istruzione nonostante le difficoltà. La scuola in carcere è un’opportunità di crescita, riscatto e reinserimento sociale, ma da sola non basta: serve un sistema di sostegno più forte e condizioni di vita dignitose per chi è detenuto. Il crescente numero di suicidi in carcere è un segnale drammatico che non può essere ignorato". I dirigenti ribadiscono "l’impegno per offrire ai detenuti un’istruzione di qualità, un’opportunità di crescita e di cambiamento. Ma è necessario un investimento più ampio in politiche educative, sociali e di supporto psicologico per prevenire il senso di abbandono e disperazione che porta a tragedie come questa. Il carcere non è solo un luogo di pena".
"Due suicidi in 12 ore sono il segno di un sistema penitenziario al collasso – dice invece Marco Biagioni segretario del Pd Prato – . Il dramma delle carceri italiane non può più essere ignorato. La Dogaia è priva di un direttore effettivo, mancano educatori e personale sanitario, le condizioni di vita dei detenuti sono inaccettabili, il personale della polizia penitenziaria è sottodimensionato. Chiedo al governo come si possa pensare di aumentare i reati puniti con il carcere quando le nostre strutture non sono nemmeno in grado di gestire la situazione attuale".
Laura Natoli