
Il procuratore capo di Prato, Luca Tescaroli, 60 anni
Prato, 20 aprile 2025 – Nell’ultima settimana Prato ha assistito a un’escalation di violenza nella comunità cinese senza precedenti: ieri notte l’ultimo caso con un uomo ferito per strada alle porte di Chinatown a 24 ore da un altro efferato episodio. C’è bisogno di una “rivoluzione culturale, oltre che di strumenti nuovi”: ne è convinto il procuratore Luca Tescaroli.
Com’è la situazione?
“C’è stata una evoluzione. Non possiamo più parlare di un monolite, ma di distinti gruppi criminali, capaci di muoversi con logiche organizzate e di intessere rapporti con strutture mafiose di casa. A Prato, dove vivono 50mila cinesi, 33mila dei quali regolari, questi gruppi agiscono in modo sempre più spregiudicato”.
Si parla di ’guerra delle grucce’ e di escalation.
“Da giugno 2024 ci sono stati estorsioni, tentati omicidi, incendi, danneggiamenti a strutture imprenditoriali. È un’aggressione criminale spesso sottovalutata, che non riguarda solo la comunità cinese, ma ha implicazioni nazionali e internazionali”.
Che ruolo gioca lo Stato?
“Lo Stato c’è. La magistratura e le forze dell’ordine stanno lavorando con impegno, ma le risorse sono insufficienti. Servono più organici, nuovi strumenti”.
Lei ha lanciato un appello nei mesi scorsi agli imprenditori.
“I gruppi di criminalità cinese sono caratterizzati da omertà e violenza. Proteggere chi collabora è un incentivo per agevolare le collaborazioni con la giustizia. Dopo il mio appello del 6 febbraio più di 50 lavoratori (cinesi, pakistani e bengalesi) si sono rivolti a noi per denunciare condizioni di sfruttamento. Quando lo Stato è percepito presente, la collaborazione arriva. E va tutelata”.
In che modo?
“Ribadisco: occorre estendere agli stranieri alcune tutele previste per i collaboratori di giustizia. Chi collabora per sgretolare lo stato di omertà che gravita su queste strutture criminali, deve sentirsi al sicuro”.
Si può parlare di criminalità di tipo mafioso?
“Parliamo di criminalità che agisce in forma organizzata e ci sono modelli criminali che interagiscono. Uno degli assi centrali è l’importazione di merci dalla Cina. Ci sono altre fasi, dalla lavorazione alle imprese “apri e chiudi”. La terza fase è il trasferimento dei profitti verso la Cina, spesso tramite criptovalute”.
Quali strumenti servirebbero?
“Siamo in una fase cruenta: serve una dotazione organica adeguata per procura, tribunale e forze dell’ordine, come ho chiesto. Noi si fa tutto quello che è nelle nostre possibilità. Serve un impegno corale: è una situazione che deve coinvolgere tutti. Ora si spara per strada, ci deve essere una rivoluzione culturale che passi attraverso consapevolezza di questa realtà. In città ci sono gruppi criminali differenziati, non solo collegati a gruppi imprenditoriali antagonisti ma pure al mondo della prostituzione e del gioco d’azzardo. C’è bisogno di strumenti efficaci per la ricerca della prova. Come c’è la proposta di due parlamentari di creare una sede distaccata o una Dda a Prato”.
Serve più repressione o più prevenzione?
“Entrambe, in sinergia. La prevenzione parte da una presa di coscienza collettiva, da una rivoluzione culturale che porti alla legalità. La repressione è indispensabile, ma non basta da sola”.