ROBERTO BALDI
Cronaca

Tuffo nei ricordi del mare nostrum La seduzione eterna della Versilia

Le lunghe estati sul litorale. Ma le cartoline di oggi sono molto diverse da quelle in bianco e nero. Davanti alla Capannina ora non c’è più la fuoriserie del pratese, ma la Ferrari del mecenate russo . .

Tuffo nei ricordi del mare nostrum La seduzione eterna della Versilia

di Roberto Baldi

C’è ancora chi se ne resta a Prato alla vita di tutti i giorni e alla festa del cocomero, icona dell’estate pratese: dissetante, depurativo, rinfrescante e diuretico. C’è anche chi conserva il rito del cestino, cane, figli e plaid a Galceti o a Legri. Ma la maggioranza dei pratesi imbocca già al primo tepore primaverile l’A11, un tempo autostrada degli affanni, una sola corsia e quattro caselli che nell’attesa di obliterare ti consentiva di leggere l’intero giornale comprato al mattino. Per sempre e per tutti la Versilia è stata il mare nostrum, il mare di noialtri, che ti accecava di luce e ti rendeva ebbro di raggi solari, con l’approdo di altri confinanti sparsi in tutto il litorale, partenza dal Principe di Piemonte con l’organizzazione dei VIP ideata da Gigi Sguanci. Poi è cominciata la ricerca di mète straniere, finché è arrivata la bufera Covid che ha ridotto il viaggio esotico. Per alcuni cambiava la consonante: da esotico a erotico, andando in vacanza anche da soli, perché avere accanto marito o moglie era come andare al ristorante con dei panini e si affrontava il viaggio con la preghiera alla Vergine che aveva generato senza peccato di farci peccare senza generare. Ora si è riscoperta la Versilia di un tempo, con il gossip di sempre: quello delle belle con smalto rouge-noir sulle unghie; quello delle ex belle attempate bocca strinta, labbra tumide, seno rifatto, adipe al sole in un rito catartico di raggi ultravioletti a consolarsi che perfino la Canalis, fotografata in bikini, ha la cellulite. E chissà quali seduzioni adottò per beccarsi, dopo il Vieri nostrano, anche il George Clooney dei desideri inverecondi.

La più gettonata fra le mete tirreniche dopo Viareggio, Marina di Massa, Ronchi, Cinquale, Tonfano, Focette, per chi aveva due palanche di più da spendere, fu Forte de’ Marmi, oggi shopping district di extralusso, lontana mille miglia da quella di un tempo con vegetazione spontanea, casetta tipica, cartoline in bianco e nero, soggiorni di Montale e pioggia nel pineto. Ora un susseguirsi di vetrine più viste che frequentate.

Sotto l’ombrellone del parlar forbito si torna a usare il passato remoto di "stare e andare" col più fine "stiedi e andiedi" rispetto a "stetti e andai", mettendo la bocca a modino. Alla Capannina vige ancora la politica del consumo più che dell’intelletto, coprendo col fieno rancido del conformismo la terra ferita degli ideali impossibili. Non c’è più lì davanti la fila ingombrante sul far della notte con la fuoriserie intonsa del pratese dilagante, sostituita ora dalla Ferrari del mecenate russo che con il suo tsunami di denaro ha stravolto le belle ville classiche dei nostri architetti in villone color pastello, colonne, fontane, fuochi d’artificio nel compleanno del magnate con proteste del fortemarmino vecchia maniera non aduso alle rificolonate.

C’è qualche consonanza della gente di Prato, tagliata con l’accetta e poco propensa alle rificolonate con il carattere respingente di questo litorale incastrato fra la Liguria, Massa e Viareggio, stretti tra il mare e le vette, in un paese che d’estate è Disneyland e per il resto dell’anno somiglia alla Transilvania. C’è soprattutto l’amore comune per questa terra dove anche d’inverno si va a incantarci come ci testimonia uno dei nostri scrittori più rappresentativi, Edoardo Nesi, che nel godibilissimo "Storia della mia gente" descrive una spiaggia pettinata e abbacinata dalle nuvole, guardando il cielo o il mare per qualche minuto con la mente piena di bellezza. Con alle spalle la mitica Capannina di Franceschi accucciata sul lungomare con le persiane e le finestre e le porte di legno verniciato di verde, il pergolato sulla veranda davanti al bar, i pavimenti di marmo e le scale di cotto, il bancone rivestito di corde d’ormeggio e il raffinato parquet della pista da ballo. Un tempio in cui il pratese non poteva entrare con i jeans strappati nemmeno se aveva la fuoriserie sotto il sedere e dove oggi volteggia Belén Rodríguez con i suoi minishort sbrindellati, ma pur sempre un incantesimo estivo a cui molti sono approdati nei tempi d’oro pratesi, togliendosi di dosso per un giorno l’odore della meccanica e della peluria mista all’olio dei telai, appiccicata sui pantaloni azzurri del tessitore.