Vestiti e scarpe usate, dove si buttano? Il sondaggio: quasi nessuno lo sa

Risposte confuse e spesso sbagliate alle domande poste dal Corertex a un campione di cittadini. Per molti vanni usati i sacchi dell’indifferenziata. "Appello ai Comuni: seve una campagna informativa"

Cernita di abiti usati in un’azienda associeta a Corertex

Cernita di abiti usati in un’azienda associeta a Corertex

Prato, 31 luglio 2022 - Dove si buttano vestiti e scarpe usate? E’ la domanda che il Corertex, il consorzio per il riuso e il riciclo tessile, ha posto alla cittadinanza nell’ambito di una ricerca interna per verificare le buone pratiche nel settore del riuso. Le risposte emersehanno dato la conferma, come spiegato dal presidente del Corertex, Raffaello De Salvo, di "molta confusione fra la cittadinanza". Qualcuno alle ricerche del consorzio ha risposto che "non esiste normativa che regolamenta la raccolta di rifiuti tessili, quindi vanno messi nei sacchi dell’indifferenziata". Qualcun altro che "la differenziata nel tessile è approvata ma ancora non attiva, quindi i vestiti si buttano nell’indifferenziata". Risposte che rappresentano un ulteriore campanello d’allarme per il territorio e per il settore, visto che già pochi mesi fa, da un’indagine congiunta di Alia, Regione Toscana e ambiti territoriali, era emerso che fra ottobre e novembre 2021 nell’Ato Centro solo il 15% degli indumenti usati è andato a riciclo, mentre il resto è finito in discarica. Per dare la misura di cosa significhi smaltire in modo errato gli abiti usati basta leggere questi numeri.

Oggi il distretto pratese è in grado di riusare fino al 66% degli abiti usati e di avviare a riciclo il 31% dei materiali lavorati, mandando in discarica solo il 3% di scarti. Solo nel settore del riuso gli impianti sono una cinquantina, per un totale di 50.000 metri quadrati coperti di capannoni, 600 addetti e una capacità annua di lavorazione di circa 70.000 tonnellate di indumenti usati. Gettare i vestiti e le scarpe nell’indifferenziato significa invece impedire il pieno compimento dell’economia circolare. "I cicli post consumo buttati nell’indifferenziata non possono essere inceneriti ma solo termovalorizzati o interrati in discarica", spiega De Salvo. "E soprattutto in Toscana, dove non ci sono termovalorizzatori, questo si traduce in un danno ambientale ed economico enorme, perché il materiale va interrato e al contempo si butta via preziosa materia prima seconda". Alla luce dei risultati delle indagini pubbliche e private, e dopo i colloqui con il sindaco di Montemurlo, Simone Calamai, e i contatti costanti con Alia, il Corertex arriva così a proporre l’organizzazione di "campagne congiunte di informazione rivolte ai cittadini, sempre più attenti e sensibili alla materia ambientale". "Ci sono siti che correttamente consigliano di portare gli indumenti dismessi nelle apposite campane per la raccolta dei vestiti o di attendere le usuali raccolte porta a porta organizzate dai Comuni", conclude De Salvo. "Ma evidentemente l’informazione sulle attività legate al nostro settore non è ancora sufficiente. Rivolgo quindi un appello agli enti pubblici e privati toscani e nazionali: se non sapete cosa farne di questi indumenti usati, prima di buttarli in discarica con un doppio danno, informate il consorzio e troveremo la giusta via per valorizzare un rifiuto che possiamo riciclare fino al 97%".

A dimostrazione di quanto il territorio creda e continui a scommettere sul riuso e sul riciclo degli indumenti usati ci sono anche i numeri in aumento di adesione al Corertex. Proprio in questi giorni il cda ha approvato l’ingresso di sei nuove aziende all’interno del consorzio, dopo avere ricevuto tutta la certificazione attestante il rispetto delle norme etiche inserite nello statuto del Corertex. I nuovi entrati sono New Comindusa, Rantex, Mitumbatex, Future Evolution, Polo spedizioni e Lmpt. Da sottolineare come le ultime due siano imprese rispettivamente di Livorno e Parma, a testimonianza di come il consorzio inizi ad avere una rilevanza nazionale.