Prato, 3 febbraio 2019 - Grande musicista, grande chitarrista, grande uomo e grande insegnante di musica. Riccardo Galardini è questo ed anche un artista che ha un dono raro nel mondo dello spettacolo, oltre naturalmente l’innato talento; l’umiltà. La sua è una carriera di altissimo livello che ha abbracciato molte esperienze e molti generi musicali. Dal jazz al pop del Festival di Sanremo che ha frequentato ben venti volte in qualità di direttore di orchestra. Ma la vera novità è l’uscita del suo primo album da solista dal titolo “L’isola colorata”. Non meno importante la sua attività didattica. Anche alla scuola di musica Verdi di Prato. E’ uscito da poco il suo primo disco da solista, dopo più di quarant’anni di carriera. Come mai solo ora questo debutto?
“Penso che fosse arrivato il momento giusto. Avevo un buon numero di brani che mi piacevano, avevo tempo fisico e mentale per farlo, avendo terminato la stagione del tour come session man e, particolare non secondario, ho incontrato i partner giusti dal punto di vista umano, musicale e organizzativo. E anche l’etichetta discografica giusta”. L’album è un affascinante viaggio musicale. C’è un filo conduttore che lega i brani?
“Questa è una bella domanda. Anzitutto grazie per l’affascinante viaggio. Sì, forse il filo conduttore è proprio questo. Il piacere di viaggiare e portare con me l’ascoltatore attraverso vari paesaggi stilistici” Ha iniziato la sua carriera in città con le prime lezioni dal maestro Ihle. Che ricordi ha di quegli anni?
“Molto belli. D’altronde a 14 anni appena finita la terza media a compimento di quel miracolo musicale che sono stati gli anni 60, non poteva essere altrimenti. Ho cominciato su proposta di mia madre, giusto per curiosità, nella mia famiglia comunque si respirava musica, dal jazz di Louis Armstrong alla lirica passando per Sanremo e la grandi canzoni e temi da film. Tutti i campi che prima o poi ho assaggiato, tranne la lirica”
Le piaceva andare a scuola di musica?
“Moltissimo. Infatti ci sono rimasto a vita. Un piccolo aneddoto; sognavo l’apertura delle scuole e dei conservatori alla musica moderna, jazz e pop rock già alla fine degli anni settanta. Questi sogni si stanno avverando in pieno, considerando che la chitarra classica è entrata a pieno titolo nel 1975 nel Conservatorio, il resto è un piccolo miracolo”. Un altro incontro importante con Francesco Nuti con cui ha collaborato a molte colonne sonore…
“Indubbiamente. Nel 1982 ero militare a Bolzano, partito da Cuneo e poi Napoli, praticamente il giro d’Italia. Francesco stava lavorando al suo primo film da solo Madonna che silenzio c’è stasera. Il gruppo dei Barluna mi chiamò a far parte del progetto. E da lì è partita una avventura lunga venti anni, molto pieni, intensi, creativi, non senza qualche scontro, ma sempre divertenti e fruttuosi. E grandi mangiate a Roma!”.
40 anni fa, nel 1979, la prima esibizione sul palco di Sanremo con il gruppo Ayx. Cosa ricorda?
“Ricordo che Vince Tempera, che ci era stato assegnato dalla Emi come direttore d’orchestra, praticamente non aveva scritto nulla del nostro brano. Meno male che io avevo trascritto le parti che noi non potevamo eseguire. E le consegnai di persona agli orchestrali. Praticamente mi stavo già preparando per il mestiere di arrangiatore e direttore d’orchestra, cosa che poi feci in seguito”.
In seguito, al Festival, tante volte per dirigere le esibizioni di grandi artisti. Chi sono gli artisti che l’hanno colpita di più?
“Citerò artisti che non ho diretto ma incontrato. Mi colpì soprattutto George Benson che venne come ospite mi pare nel 1996. Stupefacente la sua bravura nel cantare e suonare la chitarra. Con una naturalezza e inventiva, incredibili. Poi ebbi la fortuna nel 1997, mi pare, di incrociare dietro le quinte l’immenso armonicista jazz Toots Thielemans. Lui era ospite dei Dirotta su Cuba ed ebbi la rara occasione di ingaggiare con lui una piccola jam session e di suonare il suo famosissimo Bluesette. Dei cantanti ricordo la loro grandissima emozione prima di salire sul mitico palco dell’Ariston”.
Chi sono stati i suoi punti di riferimento musicali?
“Bach, Mozart, i Beatles, Jobim, Duke Ellington, Louis Armstrong, George Gershwin, Jim Hall, Wes Montgomery, Stevie Wonder, James Taylor, Pat Metheny ed una citazione particolare per un musicista secondo me sottovalutato, Gabriel Faurè. Ho amato molto il progressive degli anni 70, King Crimson eccetera…ma col passare del tempo mi sono reso conto che era una passione del momento storico destinata poi a ridimensionarsi”.
Fra le sue collaborazioni più importanti, quella con Ivano Fossati. Per molti anni in tour insieme.
“L’ho definita l’università del pop. In realtà con Ivano toccavamo molti generi musicali. E questo, insieme alla profondità e fascino dei suoi testi e del suo modo di cantare e di stare sul palco, ha reso i 9 anni di collaborazione con lui una bellissima esperienza che mi ha lasciato molto. Credo di aver dato un contributo significativo anche io e mi sento di ringraziare pubblicamente Ivano per avermi dato l’opportunità di farlo. In alcuni video che circolando da anni in rete, quello che dico è facilmente ravvisabile. Devo anche dire che mi sono trovato a lavorare con signori musicisti. E questo ha reso tutto più facile e divertente. E anche in questo caso….grandi mangiate in giro per l’Italia”. Da anni lei insegna musica in città. Può parlarci di questa esperienza?
“Rispondo proprio ora che sto tornando da Cuneo dove ho preso servizio di cattedra per chitarra pop rock, dopo aver insegnato lì, sia pop che jazz per tre intensi anni. Da vent’anni ormai insegno alla Verdi, un pezzo di vita. Ho avuto l’occasione, per merito anche di un direttore aperto moderno e dinamico oltre che competente come Paolo Ponzecchi, di aprire corsi nuovi di zecca come musica di insieme pop. E da tre anni un laboratorio pop sinfonico interamente dedicato alla musical dei Beatles. Che dire ? Insegnare per me è sempre stato un piacere, un modo di stare a contatto con i coetanei, ma soprattutto con le giovani generazioni. Con l’intenzione di mettere a disposizione e condividere, le mie esperienze. Mi fa sentire vivo in mezzo agli altri, partecipe del compito di diffondere la passione per quella cosa misteriosa e meravigliosa che è la musica”.
Progetti futuri?
“Scrivere un manuale di chitarra pop rock a uso dei Conservatori. Pubblicare un librino con le mie rime scarse, fare una specie di mostra di musiche tipo mostra di pittura, vedere qualche luogo che non ho mai visto. E non è detto che sia per forza lontano. Tra scorrere tempo con le persone che amo. Parlare con l’autrice di Harry Potter, leggere molto, camminare molto, stare in mezzo ai giovani ma non solo. Poi c’è un progetto sulla musica dei Beatles che non posso ancora svelare ma potrebbe essere una vera bomba. Più che progetti futuri, li chiamerei immanenti, cioè parte di un futuro molto prossimo, quasi un presente in leggero ritardo".
Prossimi concerti con il trio Galardini-Corsi-Rossi ?
“L’isola colorata la potrete ascoltare l’1 e 2 marzo alla Menagere di Firenze, il 12 marzo al ridotto del Politeama di Prato, il 28 marzo al Tubo di Siena. Vi aspettiamo!”.