
Lorenzo Giovanchelli (in primo piano) poco prima dell'ingresso in campo domenica scorsa
Prato, 9 aprile 2025 - “Un rugbista resta sempre un rugbista, anche quando non gioca. E varrà lo stesso per me: voglio ringraziare la mia famiglia, i miei compagni di squadra, lo staff, la società e tutti coloro che mi hanno affiancato in questo lungo percorso. E' stato un onore”. E' il commiato di Lorenzo Giovanchelli, che proprio domenica scorsa (nel penultimo match del campionato di Serie A che i Cavalieri hanno pareggiato contro il Cus Torino) ha dato l'addio al rugby giocato.
Il tallonatore classe 1986, tornato a Iolo nel 2020 dopo gli Scudetti sfiorati oltre un decennio fa (e dopo aver vestito la casacca delle Zebre) ha deciso di ritirarsi, nonostante le 400 presenze da professionista festeggiate lo scorso gennaio con una targa consegnatagli dal presidente dei "tuttineri" Maurizio Sansone. Ponendo così fine ad una carriera iniziata ventuno anni fa con il debutto da pro nei “vecchi” Cavalieri, dopo aver iniziato da bambino nel Gispi nel lontano 1994. Un cammino lungo, caratterizzato da gioie e dolori: “Giova” ha vissuto tanto gli anni d'oro del rugby laniero, quando i Cavalieri sembravano poter davvero salire sul trono d'Italia (come dimostrano le finali-Scudetto perse nel 2012 e nel 2013) che il post-ricostruzione, quanto la squadra “autarchica” si è qualificata più volte ai playoff in Serie A. Il trentanovenne pratese è stato un perno di entrambe le compagini, dando sempre il suo contributo.
“Il rammarico della mia carriera? E' chiaro che spiace non aver vinto lo Scudetto ed il pensiero va a quella “meta-non meta” in finale – ha ricordato – ma non sarebbe cambiato nulla, nella mia carriera. Quella squadra aveva maggiori disponibilità, ma i giocatori del territorio erano pochi e spesso giocavano poco. Quando sono tornato ho trovato un gruppo cresciuto fra Prato e Sesto, con un forte senso d'appartenenza. E penso che questa possa continuare ad essere la chiave anche per il futuro: le giovanili stanno andando bene e ci sono diversi prospetti che possono fare benissimo anche in prima squadra”. E per quel che riguarda il proprio futuro, Giova manda la palla in touche. “Un futuro da allenatore? Non lo so, sinceramente. Intanto mi fermo e mi godo il momento, perché come detto resterò sempre un rugbista anche non giocando – ha concluso – ho chiuso la mia avventura a Iolo, nel club nel quale avevo iniziato in prima squadra e nello stesso stadio in cui avevo debuttato da “senior” nel lontano 2004 contro il Benevento. E giocando con ragazzi di livello, che ho visto crescere sin da quando erano bambini. Non potevo chiedere di meglio: sono felice, non ho rimpianti”.
G.F.
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