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"Il più grande sogno": quello di Mirko Frezza... E di molti altri

Intervista al protagonista del film che vede la regia di Michele Vannucci e, fra gli interpreti, Alessandro Borghi.

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Un film più che autentico: vero. E' questo il motivo del successo de "Il più grande sogno", pellicola sulle periferie romane, diretto dal regista esordiente Michele Vannucci, oggi disponibile su Amazon Prime Video distribuito da 102 Distribution Srl.

Al Festival Internazionale del Cinema di Venezia del 2016 il film è stato premiato nella sezione Orizzonti, ha conquistato, inoltre, tre Future Award alla serata dei David Di Donatello 2017, il Premio Solinas Experimenta e la Menzione speciale FEDIC Premio “Sorriso Diverso” al miglior film italiano per l'attenzione rivolta al cinema come veicolo di valori sociali.

Molti i riconoscimenti che hanno messo d'accordo critica e pubblico su un lungometraggio creato sulla storia vera di Mirko Frezza che nel film interpreta se stesso. Nel bilancio della sua vita, nella colonna con il segno meno, ci sono otto anni di carcere, due anni di latitanza e due di arresti domiciliari. Nella colonna col segno positivo, invece, c'è la svolta che a 39 anni, uscito dal carcere, lo ha portato a decidere di credere nel "più grande sogno", la possibilità di un riscatto sociale e,  prima ancora, individuale che il mondo del cinema ha agevolato. E poi una moglie e tre figli che ama e l'impegno per il suo quartiere.

Attorno a Mirko Frezza si muove un cast composto da pochi attori "professionisti", fra cui Alessandro Borghi, suo grande amico e "mentore", come lui stesso lo definisce, e molti abitanti del quartiere romano dove la storia è ambientata.

E' proprio Mirko, con la sua straripante romanità, con la sua mole da gladiatore e quello sguardo cristallino e intenso su cui la cinepresa si sofferma volentieri, a raccontarsi una volta in più.

Dal quartiere di Casale Caletto al carcere per arrivare a un futuro che prima non c'era e che il cinema ha reso possibile: un'esperienza, la tua, che offre speranza a molti giovani dei quartieri della periferia romana....Com'è nato il progetto del film?

«Dopo il carcere ho lavorato in un mattatoio e poi mi sono avvicinato, grazie ad un amico, al mondo del cinema, dove ho fatto il capogruppo e lo stuntman. Frequentando l'ambiente, mi è spesso capitato di ricevere proposte per piccole parti da registi o aiuto-registi che mi avevano notato. Per il mio passato, avevo remore ad esporre la mia faccia e ho sempre rifiutato. Poi, non so per quale strana ragione, ho detto di sì ad Alessandro Borghi che mi ha proposto un piccolo ruolo nel film "Cinque". Da allora è nata un'amicizia che mi ha davvero cambiato la vita. E' stato lui a farmi incontrare il regista de "Il più grande sogno", Michele Vannucci, per proporgli l'idea di un film basato sulla mia storia».

E poi cosa è successo?

«Con Vannucci si è creata un'immediata familiarità, sono riuscito ad aprirmi con lui come mai avevo fatto. Michele mi poneva domande che nemmeno io avevo mai posto a me stesso, erano domande che creavano un cambiamento. E' stata una sorta di psicoanalisi che ha preceduto tutta la fase di realizzazione del film. Vannucci si è trasferito nel quartiere che ha fatto da location al film per 4 mesi in cui ha cercato di cogliere tutto ciò che dalla realtà poteva essere riportato sul grande schermo. Ben  125 ore di riprese. Non ha costruito scene, ma ha soprattutto aspettato che le cose accadessero per essere "fermate" dalla cinepresa. E' questo che rende il film così "vero"».

Oltre al fatto che tu reciti nel ruolo di te stesso...

«Alessandro Borghi mi ha sempre ripetuto che non io non ho bisogno di tecnica o di imparare a memoria copioni, basta che porti me stesso davanti alla cinepresa. Io, comunque, cerco di "rubare con gli occhi" quello che gli attori accanto a me fanno, cerco di fare tesoro di ogni momento. Non so quanto possa durare il successo, ma l'amore che nutro per il cinema e la gratitudine che provo verso questo mondo mi portano a dire che se la mia carriera di attore dovesse finire, sarei comunque contento di continuare a lavorarci anche con ruoli meno in vista come quello di capogruppo».

"Il grande sogno" insomma ha rappresentato per te il "treno" da non perdere...

«Sì, sicuramente. L'opportunità de "Il più grande sogno" è arrivata in un momento della mia vita particolare: io e Vittoria, mia moglie, aspettavamo il terzo figlio e questa notizia aveva rafforzato in me l'idea che dovevo  trovare stabilità per essere il padre che, fino a quel momento, non ero riuscito ad essere per i miei primi due figli. Una promessa fatta a Vittoria e soprattutto a me stesso. Da allora si è avviato un percorso non soltanto professionale (dal 2016 ad oggi ho preso parte a ben 11 film) ma soprattutto umano, personale...ho dovuto cambiare la  mia prospettiva sulla vita, provare a recuperare tutto ciò che avevo perso soprattutto nei rapporti familiari, reinventarmi».

E adesso?

«Oggi so di essere una persona diversa ma il percorso prosegue. Ancora combatto con i miei "mostri", non si cancellano 40 anni di vita in poco tempo...La mia famiglia e il cinema mi spingono nella direzione giusta e continuano a motivarmi, ma non dimentico da dove vengo. Anzi sono felice che il mio esordio nel mondo del cinema abbia potuto essere anche uno strumento per lanciare un messaggio positivo e di speranza per tanti giovani che vivono nella realtà delle periferie e vedono davanti a sè solo un destino ineluttabile, già scritto».

Il successo del film e la tua carriera cinematografica non ti hanno allontanato dal "tuo" quartiere...Sappiamo che, anche se oggi vivi a Spoleto, ti occupi personalmente del Comitato e dell’Associazione Casale Caletto che si dedica a sostenere le persone più bisognose del quartiere con distribuzione viveri e assistenza legale e psicologica gratuita.

«E' così. All'inizio questo impegno è nato dal desiderio di "ripulirmi la coscienza": dovevo migliorare il quartiere che avevo contribuito a rovinare, anche se avevo una gran voglia di fuggire, allontanarmi da un ambiente che mi ricordava quello che sono stato, i punti più bassi del mio passato. Poi mi sono sentito responsabile. Ho visto gli occhi nuovi con cui molti mi guardavano: "se Mirkone ce l'ha fatta, ce la potemo fa' anche noi"».

Qual è oggi il più grande sogno per Mirko Frezza?

«Beh, non è che possa avere mille sogni...già quello di avere portato in salvo la mia famiglia e poter lavorare divertendomi mi pare molto. Però forse...un sogno ancora ce l'ho: vedere diventare adulti i miei figli, responsabili e autonomi».

102 DISTRIBUTION è una società italiana di distribuzione e produzione cinematografica, con sede a Roma, che si occupa di acquisire e di produrre opere cinematografiche al fine di sfruttarne i diritti in tutti i canali di distribuzione: cinema, home video, televisione e new media. La linea editoriale di 102 DISTRIBUTION si focalizza principalmente su prodotti internazionali di qualità, documentari, classici americani, europei e sud-americani, action-movie, family e film indipendenti. Durata: 102' Anno: 2016

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