L'artista britannica Samantha Keil, esperta del bronzo, è la figura di spicco attuale nell'ambito dell'arte avanzata. Keil Space, lo spazio da lei ideato a Firenze, rappresenta il primo luogo al mondo completamente dedicato all'arte avanzata e alle sue applicazioni. Le dichiarazioni degli osservatori descrivono l’esperienza di uno spazio per la ricerca del sé, un luogo in cui riconnettersi a principi fondanti e universali.
Keil Space accoglie in un abbraccio intimo e universale
Nel momento in cui si arriva sulla soglia di Keil Space, non c’è nessuna fila che separi il portale di ingresso dallo spazio di Samantha Keil. Ogni persona che si presenta non è destinata ad aspettare, ma ad immergersi da subito in un viaggio estetico ed interiore. Viene richiesto all’osservatore di indossare capi dalle tonalità scure, preferibilmente nere. Si tratta di un invito da parte dell’artista, un suo appello che assume il significato di una richiesta a partecipare attivamente all’esperienza immersiva; lo straordinario dialogo tra luce e ombra introdotto da Sam Keil, specchio del dinamismo della vita di cui il dualismo è causa, invita il visitatore a diventare uno con l’ambiente circostante. Oltrepassato il portale di ingresso, il fruitore viene accolto con attenzione e premura, un primo tentativo di far riscoprire la sua unicità. Uno dei fattori che rende unica l’esperienza a Keil Space, infatti, è l’individualità; i 500 mq di questo nuovo, visionario luogo artistico sono aperti esclusivamente all’esperienza individuale. Il visitatore non fa file, non incontra rumorosi gruppi capeggiati da guide turistiche, né ha la possibilità di condividere ciò che vede sui social network, poiché, all’ingresso viene gentilmente chiesto di lasciare il telefono in un apposito cassetto. Alcuni elementi quali la fruizione individuale, l’abbandono della frenesia cittadina e di quello che più di tutto ci àncora ad essa, ovvero il telefono, e la premura dell’accoglienza, abbracciano l’osservatore, che si sente un individuo anziché un numero, un essere umano dotato di sensibilità e a cui viene data la possibilità di intraprendere un percorso interiore. Non appena pronto, il visitatore dagli abiti scuri è condotto all’interno da un addetto, che funge da “rinforzatore” dell’esperienza; vengono bilanciati al meglio momenti di illustrazione delle opere ad altri in cui il visitatore viene lasciato completamente da solo. Una volta dentro, l’individuo si fonde con l’atmosfera dello spazio, entrando a far parte di un corpo collettivo.
Le generazioni dei bronzi e la stanza multisensoriale
Ciò che guida l’esperienza pluridecennale di Sam Keil è la ricerca di una sintesi armoniosa tra creatività scientifica e tecnica magistrale, un equilibrio tra razionalità ed emotività. Il massimo livello di innovazione tecnica, abilità e competenza incontra l’originalità di un’artista che si fa portatrice dei concetti dell’Arte Avanzata. La prima sala si presenta colonnata, trasmettendo al visitatore-viaggiatore la solennità di un tempio. Tra luci soffuse e ombre, si percorrono le stanze dedicate alla Prima Generazione e alla Seconda Generazione di Bronzi, per poi arrivare agli spazi dedicati ai lavori di Nuova Generazione. Le statue e la Stanza Multisensoriale danno l’idea di un grande elastico conteso tra passato, presente e futuro, al cui interno sono contenuti gli studi portati avanti dalla Keil durante quarant’anni. È una collezione che, se viene fruita aprendo il proprio sguardo come fosse un ventaglio, può dare un esempio di arte eterna, che aggira i confini del tempo. Il visitatore cerca di decifrare le figure osservate durante l’esperienza multisensoriale, le cui impressioni variano in ogni persona; durante questo cooperare tra sguardo e mente, anche gli altri sensi vengono stimolati. Aromi intensi e frequenze profonde colpiscono l’olfatto e l’udito dell’osservatore, che si ritrova circondato da pareti variopinte i cui colori vengono amplificati da una luce che dà vita a una contrapposizione con tutte le stanze precedenti, quasi totalmente oscure. Nello spazio multisensoriale si ha la possibilità di esperire una sollecitazione quasi totale del proprio corpo. Materia biologica e coscienza entrano in uno stato simbiotico, mentre l’accompagnatore si mette da parte. Quasi uno spettro che guarda il visitatore varcare la soglia della propria individualità. In questa simbiosi si ha l’impressione di sprofondare in sé stessi, un’esperienza solitaria che sancisce l’inizio di un viaggio interiore.
Un’archeologia dell’Io
Alla fine dell’esperienza, ad ogni visitatore viene data la possibilità di descrivere emozioni e considerazioni su quanto vissuto. Molteplici sono i benefici che emergono nelle varie interviste. Secondo le parole di una psicoterapeuta, ad esempio, uno degli effetti è il potenziamento della propria individualità. Una sorta di immersione nel proprio inconscio che fa emergere pezzi della vita dimenticati, ricordi, oppure persone o eventi significativi nella propria storia personale. È una specie di archeologia dell’io. È un'esperienza globale che mette in contatto con sé stessi e con lo spazio attorno, in quanto viene stabilita una reciprocità tra la fruizione dell’opera e l’esplorazione della propria interiorità. Proprio in questa cooperazione si può riscontrare un altro beneficio, ossia la stimolazione della funzione immaginativa.
Neuroestetica: i benefici dell’esperienza multisensoriale
Ogni osservatore che si trova di fronte a tali sollecitazioni dà avvio a una serie di interpretazioni soggettive. Ognuno colora l’opera con la tinta che vuole, ciascuno vede forme e figure che rispecchiano il proprio io; questa reazione, questo contributo permettono che un’opera entri a far parte di un’arte universale. Tutti i viaggiatori possono fruirne, ognuno scova aspetti differenti e li esalta. È un confronto profondo tra il proprio essere e lo spirito dell’artista, che prende forma attraverso la traduzione plastica e multisensoriale di una conoscenza complessa. La risposta mentale è sempre figurativa ma varia nelle forme per ogni individuo; da un punto di vista psicanalitico, possiamo notare come questo presenti delle correlazioni con il test delle Macchie di Rorschach, uno dei test proiettivi psicologici più noti, utilizzato per esaminare le caratteristiche della personalità e il funzionamento cognitivo ed emotivo dell’individuo. Il test è composto da dieci tavole coperte di macchie d’inchiostro simmetriche, che vengono sottoposte in successione all’attenzione del soggetto esaminato, il quale dovrà rispondere, senza limiti di tempo, alla domanda: “A che cosa assomiglia?”. Il test sfrutta quindi il meccanismo inconscio della proiezione, nel quale il soggetto interpreta uno stimolo ambiguo, la macchia, con un prodotto della sua fantasia. Durante l’interazione con le diverse generazioni create da Sam Keil, alcuni visitatori hanno avuto visioni dell’animalità, probabilmente della propria. Nella sfera onirica, secondo alcuni studi psicanalitici, affiancabili alle teorie di Carl Gustav Jung, la figura animale rappresenterebbe un tentativo dell’inconscio di mandare un messaggio, il cui contenuto psichico alluderebbe alla volontà bipartita e contrastante di dirsi delle cose che tuttavia si vogliono trattenere in una penombra interiore, lontane dalla luce della coscienza. L’esperienza a Keil Space, partendo dalle testimonianze raccolte, sembrerebbe aiutare l’individuo a mettere in luce queste zone d’ombra dell’io e a potenziarne la consapevolezza. Infatti, quando l’arte intreccia un rapporto estremamente individuale con l’osservatore, come nel caso della Stanza Multisensoriale creata da Sam Keil, il tempo d’analisi è destinato ad aumentare. Secondo la neuroscienza, più la nostra concentrazione è alta, più il nostro cervello tenderà a “tradurre” il messaggio visivo che abbiamo di fronte in stimoli emotivi e persino sensoriali. Eric Kandel, uno dei neurologhi più conosciuti che ha cercato di scovare le correlazioni tra arte e neuroscienze, sostiene che l’arte non figurativa, di cui la Stanza Multisensoriale ne è esempio, sovverte le regole innate della percezione e insegna a guardare l’arte e il mondo in modo nuovo: in assenza di elementi figurativi e riconoscibili si creano nuove associazioni. Di qui, ecco spiegate le figure biomorfe, animali e naturali che sono state individuate dagli osservatori, tutte diverse ma sempre presenti. Colori e forme che circondano l’osservatore avviano un’esperienza percettiva poi completata dallo stesso sulla base della propria esperienza; i lavori di Sam Keil stimolano la creatività, l’immaginazione e le associazioni personali di chi le osserva. Lo spettatore non si limita solamente all’interpretazione dell’opera ma, in un certo senso, ascende alla sacralità dell’artista, creando a sua volta un’opera propria dentro quella esposta.
Una volta terminata l’esperienza nel Keil Space, le persone si sono sentite sicure, avevano la sensazione di poter testimoniare senza esitazione, proprio perché la loro individualità ne è uscita potenziata. Alcuni osservatori hanno sostenuto che il loro stato psico-fisico, all’uscita, fosse migliorato visibilmente, come se fossero “rinati” o “risvegliati”.
A spiegarci le loro sensazioni, vengono in aiuto gli studi di neuroestetica, che hanno dimostrato che l’esperienza artistica attiva pattern neuronali in grado di contrastare lo stress. Pertanto, le reazioni che avvengono durante l’esperienza estetica possono essere rintracciabili non solo dalla psicologia cognitiva o dinamica, ma anche da fattori neurobiologici. Esperienze di arte immersiva coinvolgono un complesso sistema di connessioni cerebrali tra corteccia, aree visive, aree orbito-frontali e centri emozionali del sistema limbico, ossia la parte encefalica del cervello che svolge un ruolo chiave nelle reazioni emotive, nelle risposte comportamentali, nei processi di memoria e nell'olfatto. Ciò che emerge dalle testimonianze raccolte tra i visitatori di Keil Space è che il coinvolgimento di processi cognitivi, quali la memoria autobiografica e l’immaginazione, ed emotive abbia determinato l’esperienza gratificante dell’opera d’arte, coinvolgendo il sistema dopaminergico. Tali processi innescano l’attività del cosiddetto Default-Mode-Network (DMN), ovvero una rete cerebrale che si pensa aiuti l’introspezione. Il DMN apparirebbe più attivo quando l’esperienza estetica allontana lo sguardo dalle sollecitazioni esterne e proietta il focus all’interno dell’osservatore, proprio come riportano i racconti rilasciati dopo l’esperienza nel Keil Space. Le aree che compongono il DMN si suppone siano particolarmente coinvolte durante la contemplazione multisensoriale dei Lavori di Nuova Generazione della Keil, grazie all’attivazione della simulazione incarnata di azioni, emozioni e sensazioni corporee ed extracorporee. La simulazione incarnata permette all’individuo di entrare in empatia con ciò che di cui sta facendo esperienza e quindi tratta della relazione diretta che si crea tra l’osservatore e l’osservato. Infine, alcune testimonianze riportano un numero considerevole di somiglianze tra la gestazione uterina e l’esperienza all’interno del Keil Space. Gestazione che precede a una rinascita, realizzata appena varcata l’uscita. Infatti, l’osservatore si è sentito gratificato da queste attenzioni, si è sentito speciale in un mondo dove, invece, viene continuamente rimpicciolito e gettato nell’anonimato.
Keil Space è accessibile a chiunque. Per poter visitare il primo spazio di Arte Avanzata del 21° secolo, è necessario prenotare un appuntamento attraverso il sito: https://keilspace.com/multi-sensory/
Il percorso di fruizione delle opere prevede un’esperienza multisensoriale e immersiva; per questo la visita è esclusivamente individuale.