La vita media delle imprese italiane è di 12 anni. A dirlo è un rapporto elaborato nel 2019 da Unioncamere. In un’epoca dove le aziende aprono e chiudono a una velocità impressionante, non mancano i casi di imprese longeve. Mentre si contano sulle dita di una mano le imprese secolari, ne possiamo contare in Italia un gruppo che supera i 50 anni e tra poco anche TCA SpA farà parte in quel ristretto insieme di aziende dette ‘over-fifty’ , in salute e solidità.
Come si fà a creare un’impresa che duri? Non esiste una risposta su tutte e chi fà impresa lo sa, ma ci sono delle riflessioni che vanno oltre le liste di consigli del web e i manuali di economia o innovazione. Le considerazioni si spostano sull’opportunità di assorbire l’esperienza, si parla di radici, quelle su cui fare depositare la realtà quotidiana con cui ci confrontiamo e le sue sfide. Il valore che certe esistenze possono testimoniare non è replicabile o individuabile sui libri o sulle sitografie, per conoscerlo ci vuole tempo, spesso il tempo di una vita intera e il lascito non andrebbe mai perso di vista.
Perché ricordare? Più anni si compiono, che si tratti di compleanni di persone o di imprese, e più diventa importante comprendere, attraverso la storia, che il reale nelle aziende non è (mai) stato fatto solo di mastrini, utili o macchinari, ma che è prima di tutto fatto di persone. Perché è proprio vero: le imprese sono fatte di persone, e nessuno, ma proprio nessuno, è sostituibile.
Pasquale Turchetti, ha vissuto 94 anni intensi, fondando la sua prima impresa a 25 anni e costruendo una solida famiglia con sua moglie. Parliamo di uno dei fondatori di TCA SpA, azienda aretina, con altre 2 sedi in Italia, che lavora servendo imprese di tutto il mondo, per svariati settori produttivi, nell’ambito del recupero dei metalli preziosi e che dispone di certificazioni di eccellenza che solo una trentina di imprese al mondo possiedono. Le persone di Arezzo, ma non solo, se lo ricordano bene questo signore. Un signore per l’appunto, che ha fatto tanto, in tutti i sensi: nel business, nella comunità, nella sua famiglia, nel guardare il futuro e costruire valore, per sé e per gli altri.
È la persona a esistere, professionalmente e altrove, e a restare. Chi ha lavorato in TCA se lo ricorda per tanti motivi tra cui quella sua andatura delicata ma presente, propria di quelle persone che non vogliono ingombrare ma che ci sono e si sentono. Erano sue le movenze di chi non arriva a spron battuto con risposte ma con una postura protesa in avanti, propria di chi domanda con gentilezza, di chi si interessa agli altri e dispone di quella sensibilità nel capire che le risposte van cercate sempre con un lavoro di squadra, e sempre tramite l’accordo, anche quando sembra che non sia proprio possibile.
TCA ha potuto muovere i primi passi, grazie ai passi di uomini come Pasquale, accorti ed esperti, capaci di camminare tra un reparto e un ufficio, guardare con rispetto e negli occhi ogni persona e scambiare due parole, che spesso poi significano molto di più per chi le riceve. La sua era la misura di una persona equilibrata: un equilibrio personale e professionale, ma soprattutto un equilibrio tra i due ambiti. Un uomo che difficilmente si accalorava, perché il suo identificarsi non aveva a che fare con un elemento in particolare, non con un solo tratto distintivo ma con più aspetti identitari, e forse, proprio per questo, riusciva a essere lucido e presente, nel pensare il momento attuale e immaginare il futuro, per poi cercare di costruirlo così come fatto con TCA.
Se avessimo ancora oggi la fortuna di incrociare lo sguardo e scambiare due parole con Pasquale Turchetti, gli chiederemmo come si fa a far durare un’impresa, in un mondo tanto turbolento, che pone sfide complesse all’orizzonte. Le risposte non avrebbero a che fare solo con l’idea di business, le capacità delle persone da mettere a frutto, con il capire di cosa un mercato può avere bisogno, in un certo momento storico.
Per prima cosa siamo certi che le risposte non sarebbero nette, ma avrebbero quelle sfumature necessarie a far sì che ciascuno le faccia sue, e avrebbero a che fare in primis con l’impegno, continuo, con una costanza inesorabile, con la capacità di scegliere prima e applicare poi un metodo. Ma prima ancora con la comprensione dell’importanza del collaborare, il conoscere il proprio valore e saper riconoscere quello altrui, il capire il forte senso che ha la complementarietà, sul lavoro ma non solo.
Da questo atteggiamento nascono le possibilità più fruttuose e longeve, quelle che hanno portato ad esempio Pasquale Turchetti, e altre 2 grandi persone come Simone Tavanti e Santi Rossi, intorno al tavolo di una casa, a stringersi una mano, a decidere di fondere le proprie capacità e competenze, per mettere negli anni 80, le basi della TCA di oggi. Chi c’era racconta dei pomeriggi passati a discutere sulle opportunità di metterle insieme, TCA Srl e Metalchimica Srl, per fare sì che le imprese orafe potessero contare su un servizio completo di recupero metalli preziosi, allora offerto dalla sola Uno Aerre e da un paio di imprese tedesche.
Se nella Silicon Valley sono stati i garage ad avere visto nascere imprese che hanno incontrato grande fortuna, possiamo forse dire che qui sono state le abitazioni. Queste 3 persone hanno avuto la capacità di sedersi intorno a un tavolo, quello domenicale dei pranzi tra parenti o quello del salotto di un amico, in cui si provava a immaginare il futuro. Amicizia, stima professionale, capacità di riconoscere il valore altrui, grande volontà di impegnarsi e senso di appartenenza al territorio. La prossimità ha avuto un grande peso, così come il fare con ciò che era a disposizione nel proprio territorio, caratteristiche che TCA conserva anche oggi, quando si parla di fornitori, collaboratori e in generale di creazione di valore.
“Mai litigare!” era la raccomandazione ed era anche l’esempio. Grande era infatti la capacità di mediare, far comunicare tra, mettere insieme, collaborare e non primeggiare. Il valore della relazione era netto, il forte rispetto di ogni persona e di ogni accordo, non solo per una questione etica ma anche per una schietta comprensione della sua utilità irrinunciabile, perché oltre alla costanza e all’impegno era ed è chiaro che nulla si crea da soli. E la stessa solidarietà diventa un’impostazione che va ben oltre la filantropia di stampo personale, per raggiungere piuttosto un concetto oggi tanto caro e desiderabile, come quello dell’importanza e della necessità della redistribuzione.
E oggi? Del management di TCA oggi fanno parte anche esponenti della terza generazione dei fondatori che si ispirano al lascito di questi grandi predecessori. Quando ci si prodiga per portare avanti un sogno di quasi 50 anni che non solo non molla, ma che diventa sempre più cogente per il nostro futuro, la continuità con le radici è importante. Portare un progetto come TCA a compleanni ancora più longevi richiede di saper prendere il testimone e una grande capacità di arricchire ancora l’impasto. E se a volte si vacilla ciò che è bello e nostalgico allo stesso tempo è il potersi domandare ‘ma il nonno, che cosa avrebbe fatto ora?’.
Questi nonni di TCA, sono allora un po’ i nonni di tutti. La loro storia è quella di ogni persona che si impegna in questa impresa e che dire allora se non un incredibile e sentito grazie.
“Ciao Pasquale, grazie per avere creduto, intorno a quel tavolo, che io potessi nascere, e poi crescere.”
TCA SpA.