
L’emicrania rappresenta una delle patologie neurologiche più diffuse a livello globale
Prato, 16 aprile 2025 – Non chiamiamolo semplicemente “mal di testa”. Il termine corretto è cefalea, e può indicare disturbi molto diversi tra loro, spiega Enrico Grassi, neurologo e direttore del Centro cefalee di secondo livello di Prato. “Le cefalee possono essere primarie o secondarie: le secondarie sono causate da patologie più gravi, come traumi, tumori o emorragie. Le primarie, invece, sono malattie in sé, come l’emicrania, la cefalea tensiva o quella a grappolo. L’emicrania è la più diffusa: colpisce circa 14 donne su 100 e 8 uomini su 100”.
La prima cura è lo stile di vita
“L’emicrania è una malattia del cervello, che ha cause sia nervose che vascolari; il ‘cervello emicranico’ è molto più sensibile agli stimoli rispetto a quello di chi non ne soffre. Insomma, chi soffre di emicrania, che è un tipo di cefalea, ha un cervello che risente maggiormente di una serie di fattori scatenanti”, spiega Grassi. “Questa sensibilità si traduce in una particolare vulnerabilità ai trigger, cioè appunto ai fattori scatenanti. Sono tutte quelle situazioni, alimenti o abitudini che possono rompere l’equilibrio del nostro orologio biologico e portare al dolore”.
Le cause più comuni dell’emicrania? “Dormire meno del solito, o anche troppo. E poi mangiare a orari irregolari o saltare i pasti. Tra le cause, anche lo stress psicofisico, il cambio di stagione, le variazioni ormonali. Ci sono poi dei cibi che possono in alcune persone essere tra le cause dell’emicrania: alcol, cioccolato, formaggi stagionati, salumi e frutta secca. Un semplice cambio di routine nei soggetti predisposti può scatenare l’emicrania. Non è raro infatti che queste persone stiano peggio nel fine settimana oppure al cambio di stagione. Tutto ciò che altera l’orologio biologico può, nei cervelli emicranici, scatenare il malessere”.
Per questo, la prima arma di prevenzione è lo stile di vita. “Chi soffre di emicrania deve vivere il più possibile in maniera regolare: mantenere orari costanti, dormire bene, evitare l’eccesso di stimoli, fare attività fisica all’aperto e seguire una dieta bilanciata. I cervelli emicranici, lo ribadisco, sono orologi molto rigidi: appena cambia qualcosa nella routine, l’attacco può partire”.
Come riconoscere l’emicrania e i suoi costi sociali
L’emicrania provoca un dolore che può colpire solo una parte della testa oppure entrambe. Di solito il dolore è pulsante e può associarsi a nausea e ad un senso di fastidio per luce e rumori. Ci sono poi due tipi di emicrania: senza aura, quindi con dolore e basta, oppure con aura. Ecco, in questo secondo caso il dolore tipico dell’emicrania è preceduto da disturbi visivi, della sensibilità, anche della parola. Di solito tutto questo dura venti minuti. E poi si scatena il ‘mal di testa’. L’emicrania rappresenta anche un problema sociale enorme, “con costi economici elevatissimi”, sottolinea Grassi. “Solo una minima parte delle spese riguarda farmaci e visite. Il 98% del costo è indiretto: persone che perdono giorni di lavoro o che, pur essendo presenti, non riescono a lavorare al meglio. Si parla di presenteismo, una presenza poco efficace”.
Quando serve una terapia di profilassi e la grande speranza delle nuove cure
“Se una persona ha più di 4 attacchi al mese, è importante evitare l’uso eccessivo di antidolorifici e rivolgersi a uno specialista per impostare una profilassi, cioè una terapia preventiva”, chiarisce Grassi. “Chi convive con l’emicrania spesso non sa che può migliorare moltissimo la propria vita”. La vera svolta infatti è arrivata recentemente. “Da quattro anni sono disponibili nuovi farmaci a base di anticorpi monoclonali che, in molti pazienti, riducono gli attacchi del 75%, e in alcuni casi anche del 100%. Funzionano molto bene – oltre il 70% dei pazienti risponde positivamente – e non hanno effetti collaterali”. Il problema è il costo. “Proprio per questo, oggi la terapia è prescrivibile solo a chi ha almeno 8 giorni di emicrania invalidante al mese e ha già provato tre profilassi tradizionali. E si può ottenere solo nei centri cefalee di secondo livello, come quelli di Prato, Firenze, Empoli e Pistoia”. Ma la speranza è che col passare del tempo queste terapie diventino sempre più accessibili.