
Analisi di laboratorio in una foto archivio Ansa
Pisa, 20 marzo 2025 – “Grazie al nostro farmaco può esserci una buona possibilità di combattere il tumore al polmone”. Parole di speranza quelle di Elena Lavantini, dirigente di ricerca del laboratorio di Oncologia Molecolare dell’ITB del CNR di Pisa che sta testando in laboratorio un nuovo farmaco sperimentale che “potrebbe essere fondamentale per la cura del cancro ai polmoni”.
Di cosa si tratta?
“Si chiama Unesbulin, che potrebbe essere un’avanguardia per il futuro perché blocca la crescita delle masse tumorali. Purtroppo non è ancora in distribuzione, ma stiamo verificando con sperimentazioni su dei modelli se può funzionare durante la fase di resistenza farmacologica, quando le cellule dei pazienti si adeguano ai farmaci e le cure iniziano a non avere più effetto. Sarebbe una grande notizia”.
Questo farmaco può essere la cura per il cancro?
“Consideri che i tumori hanno tantissime sfaccettature: dobbiamo immaginarli come una giungla che varia da persona a persona e il punto è trovare farmaci mirati per tutti”.
La terapia non sarà mai unica? “Esatto, purtroppo la panacea definitiva contro i tumori non può esistere e la ricerca non finirà mai”.
Il vostro obiettivo qual è?
“Migliorare le tecniche curative: più incrementano e più rapidamente si riesce a capire la mutazione in una persona e intervenire in modo mirato. Dunque salvare più persone possibili”.
Un bel peso da portare sulle spalle. Come la fa sentire? “L’idea di essere in prima linea per aiutare le persone a sconfiggere questo male è una missione di vita, che dà enorme soddisfazione. Purtroppo c’è anche tanta rabbia nei confronti delle burocrazie o le mancanze di finanziamenti. Ma l’aspetto gratificante è maggiore, soprattutto se entri in contatto con molte persone in questa condizione e riesci a migliorare loro la vita”.
Ha conosciuto molti malati?
“Tantissimi. Perché da quando è trapelata la notizia del farmaco tantissime persone mi hanno scritto interessate e mi sono messa a rispondere a tutti personalmente, instaurando anche un rapporto personale e umano. Tanti chiedono come sostenere la ricerca al Cnr e all’Airc”.
Quanto è importante il sostegno alla ricerca?
“Fondamentale. L’impegno dell’Airc è quello che dovrebbe darci la politica italiana e che, invece, manca. Grazie al sostegno ad associazioni come l’Airc noi scienziati possiamo fare la differenza: soldi nella ricerca sono investiti per il bene comune”.
La sua empatia e l’interessamento per questo lavoro deriva da un’esperienza personale?
“Sì e no. Mio nonno materno, al quale ero legatissima, è morto per un tumore al polmone e questo sicuramente ha influito sulla mia decisione. Però io sono una persona molto curiosa e fin da piccola ho sempre amato fare puzzle: il mio lavoro di ricerca per molti aspetti è simile”.
Mar.Fer.