ELENA SACCHELLI
Cronaca

Emarginazione, periferie e riscatto

Il giornalista Domenico Iannacone apre la rassegna ’Su il sipario!’ con una riflessione a tutto tondo

Domenico Iannacone, noto al grande pubblico per i suoi programmi televisivi

Domenico Iannacone, noto al grande pubblico per i suoi programmi televisivi

Sarà il giornalista pluripremiato Domenico Iannacone, noto al grande pubblico per i suoi programmi televisivi di approfondimento e di inchiesta sempre targati Rai 3 ad aprire il cartellone di Su il Sipario!, la rassegna teatrale organizzata dal Comune di Santo Stefano Magra in collaborazione con Ad Eventi e giunta alla sua quarta edizione. Domenica sera, alle 21.15, Domenico Iannacone porterà all’Opificio Calibratura dell’area Vaccari ‘Che ci faccio qui? In scena’, una riflessione intima su temi a lui da sempre molto cari – storie di emarginazione, di periferie, ma anche di riscatto – ispirato al suo programma televisivo ‘Che ci faccio qui?’, che conta ormai più di 60 repliche nello Stivale e ha già riscosso il successo di pubblico e critica.

Iannacone, dopo anni di giornalismo d’inchiesta e di lavoro di approfondimento portato avanti in televisione, cosa l’ha spinta a uscire da quel contenitore e a volersi esprimersi attraverso il teatro?

"Ritengo che il teatro sia lo spazio più libero che possa esserci attualmente. Uno spazio non contaminato da influenze in cui ciascuno può esprimere le sue storie senza subire censura e autocensura. Di fatti questa cosa è nata proprio nel momento in cui la televisione mi aveva limitato nel modo di esprimermi".

Per chi conosce il suo programma televisivo, nello spettacolo dal vivo cosa resta e cosa si aggiunge?

"Si aggiungono percezioni sensoriali, e soprattutto la parola che diventa centrale per dare profondità alla storia, ma che non vuole essere affabulazione. Un lavoro sul contenuto quasi linguistico, che comprende gli esordi quindi la poesia e l’idea di cercare una commistione con il neorealismo: tutte queste anime si fondono attraverso la parola. In pratica io racconto me stesso partendo dalla mia infanzia grazie a un canovaccio in cui ho inserito storie che ho scelto di perché hanno a che fare con elementi narrativi a me cari, come la fragilità, l’emarginazione e le periferie. Non si parla però soltanto della parte dolente della società, ma anche di rigenerazione urbana, morale e fisica".

Cosa ha trovato nel teatro che manca nella televisione?

"La carica di una prospettiva sensoriale, ovvero l’entrare pienamente in una sala con la presenza fisica. Questa cosa crea in me un racconto che va oltre e le storie riprendono vita e forma".

Dopo una pausa di due anni e mezzo dalla televisione lo scorso aprile è tornato con nuovi episodi. Il suo futuro lo vede in tv o a teatro?

"Tornerò in televisione con nuovi episodi di ‘Che ci faccio qui?’ a maggio e poi nuovamente in autunno. Non ho però alcuna intenzione di abbandonare il teatro, che mi ha protetto in una fase di adombramento televisivo e mi ha stimolato tantissimo. Mi ha dato la possibilità di cogliere suggestioni nuovi, essenziali per il mio lavoro".

Che consiglio darebbe a un giovane che sogna di fare il suo mestiere?

"Ho pregato mia figlia di non seguire la mia strada e lei citandomi un passo de La meglio gioventù è andata a studiare giornalismo in America. La professione sta vivendo un momento in cui ci sono sempre più mezzi, ma sempre meno tutele. Credo che gli ordini professionali in questo senso non stiano facendo abbastanza e che dovrebbero battersi di più per tutelare le giovani generazioni".

Elena Sacchelli