ANGELA LOMBARDO
Cronaca

I campanelli d’allarme. Ascolto e prevenzione. Intervenire sui bambini

E’ necessario lavorare sull’educazione affettiva per dare ai ragazzi gli strumenti adeguati a riconoscere le emozioni e imparare al gestirle.

Gli attori Owen Cooper e Stephen Graham in una scena della miniserie Netflix “Adolescence”

Gli attori Owen Cooper e Stephen Graham in una scena della miniserie Netflix “Adolescence”

Odio per le donne, certo. Ma a ben guardarlo il fenomeno incel apre le porte di un mondo in cui anche le ragazze, consapevoli o meno del meccanismo che mettono in moto, giocano un ruolo. "In rete – spiega la psicoterapeuta Daniele Lorenzini – gira una grande quantità di foto di ragazze seminude che loro stesse fanno circolare in cerca di like o di uno scambio di messaggi. Molto spesso, i ragazzi che ricevono quelle immagini pensano che chi le manda sia disponibile. Iniziano a perseguitare la ragazza e si trovano davanti una persona che da una parte stimola la loro attenzione, dall’altra si nega. Nel senso che quando poi c’è un tentativo di avvicinarla, esperienze che ho potuto toccare con mano, la ragazzina che fino a un minuto prima aveva lanciato una certa immagine di sé dice no, non mi toccare sennò ti denuncio. Certo questo non giustifica la misoginia dell’incel. Però, quel che succede è che se il ragazzo che viene respinto, perché ha i brufoli o è brutto o basso, non ha ancora un senso di sé stabile, solido, creato in famiglia o a scuola, perde autostima e inizia a convincersi di valere davvero poco. In questa situazione di frustrazione e insicurezza, facilmente viene attratto e intrappolato da gruppi di suoi simili che lo inducono a formarsi un’opinione distorta delle donne, basata su una misoginia tossica, e del mondo. Va detto che questi gruppi esprimono posizioni estreme anche su temi quali vaccini, razze, nazionalismo e altre questioni politiche".

Un ginepraio, insomma, tutt’altro che semplice da gestire. Altrettanto difficile è trovare le strade giuste per aiutare i ragazzi in difficoltà. I campanelli d’allarme per capire se e quando qualcosa non va esistono. Ma sono aspecifici, raramente riconoscibili. Difficile capire se c’è qualcosa di strano in un figlio che, come il tredicenne Jamie, protagonista della serie televisiva “Adolescence”, esce con gli amici, a scuola se la cava, non crea particolari problemi. E in casa, come la stragrande maggioranza dei coetanei, passa ore chiuso in camera non si sa a far cosa. Dunque, che fare? La formula è sempre la stessa. Racchiusa in due parole, tanto spesso pronunciate quanto poco agite: ascolto e prevenzione. Prestare più attenzione ai ragazzi, ascoltarli, osservarli, conoscerli. Contemporaneamente, lavorare sull’educazione affettiva per dare loro gli strumenti adeguati a riconoscere le emozioni e imparare al gestirle.

"Ma bisogna intervenire presto - sottolinea Lorenzini –, sui bambini delle scuole elementari. È a quell’età che si deve iniziare a educarli sul significato di concetti come l’altro, la reciprocità, il rispetto dell’altro. Nell’adolescenza è già tardi. È un’età in cui si muovono molte cose sul piano neurofisiologico. Ci sono aree cerebrali, come quelle che hanno a che fare con l’impulsività, che non sono ancora arrivate a maturazione. Quindi la spinta a fare qualcosa di nuovo senza pensarci su, senza immaginarne le conseguenze ma solo perché è eccitante o suscita l’approvazione del gruppo, è un impulso molto prepotente e preponderante. In queste condizioni, i messaggi di educazione affettiva sono poco attraenti e difficilmente vengono recepiti nella loro reale importanza".

A.L.