"Mi sento abbandonata dallo Stato, ma continuerò a lottare per mio figlio e per tutti quei ragazzi e le famiglie che si trovano costrette a vivere una situazione analoga alla mia fino a che avrò fiato in gola". Arriva proprio da Sarzana l’allarme lanciato da una madre che da più di 20 anni è costretta a vivere quotidianamente, insieme alla sua famiglia, quello che potrebbe sembrare un vero e proprio incubo. Ma che invece è una tragica realtà. Un figlio affetto da problemi psichiatrici e da dipendenza da alcool e da sostanze stupefacenti, che non ha un tetto sopra la testa e che spesso ha delle crisi che lo portano a diventare aggressivo e violento. Un figlio - che in quanto madre non può e non vuole smettere di provare a aiutare - il cui calvario è iniziato durante l’adolescenza.
"Mio figlio era un ragazzo come tanti – ci ha spiegato la nostra lettrice – durante le superiori qualche birra e qualche spinello, ma nulla di più. Si è diplomato con ottimi voti e ha superato le selezioni per l’accademia militare di Ancona, piazzandosi 22° su più di 20 mila ragazzi, ma non è stato ammesso per un vizio cardiaco diffuso in gran parte della popolazioni e che mai era stato rilevato prima durante le frequenti visite sportive a cui si era sottoposto. Da quel momento ha iniziato a fare uso sistematico di droga".
Da oltre vent’anni la madre del ragazzo, che risiede a Sarzana e di professione è infermiera, ha tentato tutte le vie per salvarlo rivolgendosi a tutte le istituzioni della città e della provincia, e anche a tutti gli enti interessati come il Cim, il Sert e il Serd. Il primo trattamento sanitario obbligatorio, che la signora chiedeva da tempo, è arrivato pochi giorni fa quando il figlio, in stato chiaramente alterato – e come lei stessa aveva previsto allertando anticipatamente le forze dell’ordine – ha preso a calci un portone condominiale sfondandolo. Ennesimo danno che adesso la signora, che per riparare alle azioni del figlio ha venduto anche la propria casa, dovrà risarcire.
"Sono disperata perché mio figlio adesso ha le mani e i piedi legati a un letto – ha ammesso la signora - ma spero davvero che questo possa servire per riuscire a inserirlo in qualche Rems. Fino ad oggi questo, nonostante le mie reiterate richieste, è sempre stato negato perché la legge Basaglia, che credo andrebbe rivista, impedisce a chi non vuole essere curato di farlo. Quelli come mio figlio sono persone scomode e spesso si preferisce non vedere, ma bisogna capire che la coercizione in certi casi può aiutare a tutelare il pubblico. Non si può aspettare che succeda l’irreparabile, come spesso purtroppo si sente nella notizie di cronaca nera".
Negata anche la richiesta effettuata dalla madre per ottenere un amministratore di sostegno che, se accolta avrebbe aiutato a renderlo interdetto, ma soprattutto a entrare in un centro di recupero. "Tre anni fa ho scritto una lettera indirizzata anche all’amministrazione comunale dove raccontavo il mio calvario, chiedendo esplicitamente aiuto ma nessuno mi ha mai risposto – ha concluso la madre del ragazzo –. Credo che ci siano stati momenti in cui mio figlio si sarebbe potuto salvare, se aiutato. Continuerò la mia battaglia in nome di tutti quei ragazzi con problemi psichiatrici e di dipendenze e delle loro famiglie che non possono essere lasciate sole".