"Ho vissuto in un tempo di grande ottenebramento del mondo, che nessuno tra gli uomini lo dimentichi" scrive il poeta ventenne Jiří Orten, la sera del 2 giugno 1940. Con lo stesso spirito a Sarzana, cucendo i fili della memoria pubblica e di quella privata, il Partito democratico celebra il Giorno della Memoria – a ottant’anni dalla liberazione del campo di sterminio di Auschwitz – con la mostra “La memoria nel cassetto: l’esperienza dei Sarzanesi attraverso la guerra e la deportazione”. La presentazione dell’iniziatica oggi alle 18 nella sede di piazza Matteotti, la mostra sarà visitabile fino a lunedì in orario 10-12.30 e 15.30-19.30.
"Si tratta – spiegano i dem – del tentativo, sperimentale, di un racconto collettivo, filtrato dai ricordi delle famiglie e dalla concretezza di fotografie, documenti, lettere. Nomi e numeri che continuano a conservare nei decenni l’impressione intatta dell’orrore e dell’abominio, il dramma dei deportati, dei morti, dei sopravvissuti, dei perseguitati, degli internati e dei lavoratori forzati". Nessuna pretesa storiografica: "Il desiderio di ridestare una curiosità e rianimare le ricerche, negli archivi e nelle case. Perché la memoria collettiva sia ristabilita e possa funzionare da presidio nel futuro. Perché la storia non muoia nella celebrazione retorica, ma si faccia ponte verso nuove mobilitazioni politiche e sociali, motore di solidarietà e iniziativa civile".
Aggiunge Massimo Biava, incaricato della cultura nella segreteria del Pd: "Chiediamo a tutti i sarzanesi che hanno voglia di condividere un pezzo della propria storia familiare di animare insieme questa mostra. Le memorie da tramandare sono così tante. Lettere, documenti, oggetti, fotografie, diari ma anche solo ricordi e nomi... Vorremmo raccontare che cosa sono state la guerra, la deportazione, la prigionia, la persecuzione razziale e politica in questa città. Anche per tenere stretto un legame culturale e sociale che tiene vicini passato e presente. Non possiamo poi separare questo lavoro importante sulla memoria dei nostri ‘ieri’ da un altro lavoro, forse ancora più importante, di consapevolezza sui tanti ‘oggi’ che parlano di sofferenze, conflitti e violenze contro popoli innocenti".