ELENA SACCHELLI
Cronaca

Violenza sulle donne in aumento. "Basta favole del principe azzurro"

Il quadro desolante emerso nell’incontro con la criminologa e psicologa forense Roberta Bruzzone. In evidenza gli stereotipi sociali e culturali e la tendenza a ’sminuire’: "C’è ancora molto da fare"

Roberta Bruzzone intervistata da Elena Sacchelli de ’La Nazione’ sul palco degli Impavidi

Roberta Bruzzone intervistata da Elena Sacchelli de ’La Nazione’ sul palco degli Impavidi

Sarzana, 5 aprile 2022 - Denunciare è indispensabile, ma troppo spesso non basta. E se le radici del tarlo che è la violenza di genere affondano in una cultura e in una società ancora profondamente patriarcali e maschiliste, cos’altro si può fare per invertire la rotta di un fenomeno che negli ultimi anni sta drammaticamente crescendo? Roberta Bruzzone non ha dubbi: "Intervenire sulle nuove generazioni, lavorando sul modo in cui le donne considerano loro stesse fin da bambine e puntare sull’educazione scolastica". Questi alcuni dei punti salienti che sono emersi giovedì sera al teatro Impavidi durante l’incontro con la nota criminologa e psicologa forense organizzato dall’associazione ’In Sarzana’. Una platea colma di donne e uomini che hanno voluto spendere una serata per approfondire il tema della violenza di genere, dei suoi aspetti più subdoli e di quelli più evidenti, a partire dalla presentazione dell’ultimo testo di Bruzzone scritto insieme a Emanuela Valente.

"Favole da incubo. Dieci (più una) storie di femminicidi da raccontare per impedire che accada ancora” è un pugno nello stomaco e "non è un libro da leggere prima di andare a dormire, né lo voleva essere". Attraverso l’analisi di undici tra i più sconvolgenti casi di cronaca nera – tra cui quelli di Elena Ceste, Roberta Ragusa e Valentina Pitzsalis – lontani tra loro per diversi aspetti ma accomunati dalla violenza esercitata dall’uomo sulla donna, si vogliono lanciare dei moniti ai lettori e soprattutto alle lettrici, per spronarle innanzitutto ad amarsi e a non doversi necessariamente comportare come la società si aspetta da loro. "La società è intrisa di stereotipi che, volenti o nolenti, orientano il nostro agire – ha spiegato Bruzzone –. Purtroppo, anche il racconto mediatico di questi fenomeni di violenza di genere, che in maniera più o meno diretta vengono sminuiti o addirittura giustificati, lo è. C’è ancora molto da fare".

Il quadro è desolante e le statistiche ministeriali ci dicono che i casi di femminicidi, ma anche quelli di violenza domestica, psicologica e di stalking sono in aumento, ma una lettura positiva – se così si può definire – può comunque essere rilevata. "Sicuramente il fatto che rispetto al passato ci siano molte più donne che anziché continuare a subire reiterate vessazioni fisiche e psicologiche decidono di denunciare è un elemento positivo – ha proseguito Roberta Bruzzone –. Va però considerato che esiste ancora almeno un 40% di sommerso e anche questo è un dato che fa riflettere".

Perché esistono ancora così tante donne che non denunciano e che accettano passivamente di essere sottomesse dagli uomini che dovrebbero amarle? "Come si evince dal libro, sin da bambine ci viene inculcata la favola del principe d’azzurro, eroe salvatore che provvederà a te in tutto e per tutto. Prima di tirare giù la maschera tutti questi assassini si presentano come tali. Più banalmente: quante volte ciascuno di noi ha assistito a una madre che, per rimproverare il proprio figlio, usava la minaccia del ’adesso lo dico a tuo padre’? Come se la madre non fosse in grado di impartire una lezione al proprio figlio o, peggio, come se la parola del padre valesse di più della sua".

A chiudere l’incontro l’incredibile racconto dell’esperienza personale di Roberta Bruzzone, vittima di stalking online da parte di una sua ex amica. Non appostamenti o pedinamenti, ma tentativi di denigrazione della sua immagine fisica e professionale. "Uno stalking soprattutto virtuale – ha concluso – ma decisamente lesivo. Diffamazioni forti e immagini di me con il volto sfregiato dall’acido. Non nascondo di temere per la mia incolumità".