Siena, 16 ottobre 2024 - Centoventi opere raccontano al Santa Maria della Scala di Siena mezzo secolo d’arte italiana. La mostra “Costellazioni. Arte italiana 1915-1960 dalle Collezioni Monte dei Paschi di Siena e Cesare Brandi”, a cura di Luca Quattrocchi, Ordinario di Storia dell’Arte Contemporanea dell’Università degli Studi di Siena, presenta, in nove sezioni, un percorso espositivo nel periodo compreso tra gli anni della Grande Guerra e i primi anni Sessanta: dal “ritorno all’ordine” a “Novecento”, dalla Scuola Romana agli “Italiens de Paris”, dal realismo all’astrattismo e all’informale. Promossa dal Comune di Siena, Fondazione Monte dei Paschi di Siena, Fondazione Antico Ospedale Santa Maria della Scala, Musei Nazionali di Siena e Università di Siena, l’esposizione è stata prodotta dalla Fondazione Antico Ospedale Santa Maria della Scala e da Opera Laboratori con l’organizzazione di Vernice Progetti Culturali. Il progetto espositivo, corredato dal catalogo edito da Sillabe, vanta un comitato scientifico composto da: Laura Bonelli, Axel Hémery, Luca Quattrocchi e Chiara Valdambrini. Come enti prestatori figurano la Banca Monte dei Paschi di Siena e i Musei Nazionali di Siena. Un percorso inedito tra i capolavori dell’arte italiana del Novecento: due collezioni d’arte contemporanea si aprono al pubblico per la prima volta. Dai caveau della Banca Monte dei Paschi di Siena e dalla pregiata raccolta di Cesare Brandi, arrivano al Santa Maria della Scala le opere di grandi artisti: Carrà, Guttuso, Sironi, Donghi, De Pisis, Burri, Severini, Campigli, Morandi, Rosai, Viani, Levi, Mafai, Manzù, Marini, Afro, Scialoja, Turcato e tanti altri.La mostra, a cura di Luca Quattrocchi, traccia un’inedita “costellazione” attraverso l’arte italiana dagli anni della Grande Guerra fino ai primi anni Sessanta: da “Novecento” al Déco, dagli “Italiens de Paris” all’arte di propaganda fascista, dalla Scuola Romana al realismo, all’astrattismo e all’informale. La Collezione del Monte dei Paschi di Siena e la Collezione Brandi conservano di questo mezzo secolo autentici capolavori: molte opere vengono presentate qui per la prima volta al pubblico, in un serrato dialogo che distilla le esperienze artistiche italiane nel secolo breve. Non solo: insieme ai grandi nomi dell’arte italiana del XX secolo, viene esposta anche una selezionata rosa di artisti senesi e toscani: un aperto e sorprendente dialogo.
La prima sezione, Intorno alla Grande Guerra, riunisce opere degli anni Dieci a opere di poco successive che commemorano la prima Guerra Mondiale e le sue conseguenze: domina la sezione il monumentale dipinto di Pascucci Il ritorno dell’eroe (1926) che, esposto alla Casa del Fascio di Siena e subito acquistato dal Monte dei Paschi, come specifica il curatore “da un lato chiude la stagione del naturalismo di stampo ottocentesco, e dall’altro testimonia la crescente pervasività del fascismo nelle istituzioni”. Nella seconda sezione, Anni Venti: ritorni all’ordine tra Novecento e Déco, il recupero della tradizione incoraggiato dal regime è declinato secondo il “Novecento” promosso da Margherita Sarfatti, secondo le atmosfere del “realismo magico” di ascendenza metafisica, ma anche in un classicismo aggiornato da sintetismi di gusto Déco. All’eterogeneo gruppo degli Italiens de Paris è dedicata, invece, la terza sezione: Tozzi, Severini, De Pisis, interpretano come sottolinea Quattrocchi “ciascuno a suo modo la volontà di coniugare italianità e cosmopolitismo in mitologie contemporanee, riscuotendo grande attenzione critica nella capitale francese tra fine anni Venti e anni Trenta”. La quarta sezione, Gli anni Trenta e primi Quaranta: tra accademie e arcaismi, propone una esemplificazione delle posizioni nell’Italia fascista, da quelle più aderenti al ‘novecentismo’ ufficiale, con anche declinazioni neosecentesche, alla più originale linea arcaicizzante, sollecitata dagli esempi dell’arte etrusca, egizia, romanica. La quinta sezione riguarda l’Arte per il regime: opere di aperta celebrazione della dittatura fascista, tra propaganda e mitizzazione del Duce e delle sue ‘conquiste’, dalle città di nuova fondazione alle guerre coloniali e alla proclamazione dell’Impero. Al paesaggio è dedicata la sesta sezione: Il paesaggio negli anni Trenta e Quaranta tra rappresentazione e metafora, dove a una più tradizionale e fedele raffigurazione di matrice ottocentesca, che tuttavia si accende in alcune vedute di accenti quasi visionari, si affiancano paesaggi-stati d’animo di straniante estrazione mentale fino al casto e intenso lirismo di quelli di Morandi. La settima sezione attraversa La linea espressiva tra anni Trenta e Quaranta, dall’antinovecentismo alle sue prosecuzioni nell’immediato dopoguerra: in apertura uno degli ultimi capolavori di Viani (Le Apuane, 1933 ca), cui si affianca un raro esempio surrealista e un nutrito gruppo di opere riconducibili alla Scuola Romana e alla sua figurazione più o meno espressionisticamente accentuata e insorgente (Levi, Guttuso, Afro, Fazzini, Scialoja, Sadun, Mafai). In continuità con la precedente, l’ottava sezione, Figurazioni e realismi del dopoguerra, si apre con le Macerie espressioniste di Bozzolini, per documentare poi la persistenza nell’Italia liberata del dato oggettivo variamente declinato, la tendenza neorealista e, a fine anni Cinquanta, il realismo esistenziale di Guttuso e Vespignani. Infine, la nona sezione, Dissoluzione e autonomia della forma: verso l’astrazione, segue il percorso di alcuni autori già presenti in precedenti sezioni verso approdi astratti e informali, cui si aggiungono Burri e Leoncillo, per concludersi con il trionfo della materia-colore in Sadun e Turcato all’inizio degli anni Sessanta. “Nell’allestimento di Costellazioni – precisa il curatore - si è quindi privilegiata un’ottica orizzontale nell’accostare la produzione locale e le opere di artisti riconosciuti a livello nazionale, non in una acritica paratassi ma nella convinzione che la produzione artistica di un periodo storico non è comprensibile (e quindi correttamente valutabile) attraverso il solo studio delle eccellenze e delle emergenze, ma attraverso le connessioni che tali emergenze intrattengono con le altre figure, secondarie o persino minori”. “La mostra Costellazioni propone - conclude il curatore - una mappa che si dispiega su mezzo secolo d’arte italiana in cui le stelle di maggiore luminosità, da riconoscere sia nei principali centri di produzione sia negli artisti più insigni, sono viste come parte, appunto, di più vaste e complesse costellazioni”. Maurizio Costanzo