Siena, 17 giugno 2012 - Due cani, Avar e Maverick (vi ricordate 'Top Gun'? Era il personaggio interpretato da Tom Cruise), che lo seguono ovunque, padroni della casa quanto docili al comando; una villetta anni ’80, con balcone sulla Val di Merse e la piana di Ampugnano, "rigorosamente acquistata prima di fare il sindaco. Diventato funzionario del Monte, feci il sacrificio di venire ad abitare a 8 chilometri dalle lastre". Per lui, Vittorio Mazzoni Della Stella, senese doc, natio di via Sallustio Bandini, giraffino, una scelta non di poco conto. E d’altri tempi. Altri tempi quelli in cui Siena poteva avere un ‘Re Mida’, con tanto di ‘cappotto dichiarato’ che in chiave senese vale più di un manto regale: "Era l’ultima domenica di maggio, anno 1997, e la Giraffa è estratta a sorte: mi dicono che sono fortunato. Ma no, dico io, lo sapevo, era necessario, devo fare cappotto quest’anno. Mi presero in giro fino al 3 luglio (si corse un giorno dopo a causa della pioggia) e la Giraffa vinse". Altri tempi quelli di Vittorio Mazzoni della Stella: a Palazzo pubblico a Siena (1983-1990) c’era ancora un sindaco della Banca, ma le similitudini finiscono qui. Di ‘Re Mida’ oggi non c’è più traccia.
Anche la politica era diversa.
"Erano gli anni del consociativismo. La tradizione voleva che il sindaco fosse socialista, il presidente della Provincia comunista e alla Dc, all’opposizione, spettava la Banca. E così a metà del secondo mandato da sindaco (socialista), novembre 1990, per un accordo fra Psi e Pds mi dimisi e lasciai spazio a Pierluigi Piccini".
Si dimise lei, senza rammarichi o voglia di rivalse?
"Era normale, frutto di un accordo politico che allora si faceva sopra il tavolo. Quello che oggi si fa sotto".
Un accordo politico, dunque, ma rispettato.
"Nella Prima Repubblica funzionava così, il sistema funzionava e i conti comunali erano perfetti, l’Università era fra le migliori d’Europa, l’ospedale considerato una piccola Lourdes; la Banca (Mps) aveva 14.500 miliardi di lire di patrimonio netto contabile ai fini di vigilanza e fra 15-20mila miliardi di plusvalenze implicite".
Sì, decisamente, altri tempi...
"Con la legge 81 tutto è cambiato. Ricordo quando Piccini a fine mandato disse ‘riconsegno una Siena migliore di come l’ho presa’. Io non l’avrei mai detto, come non ‘ho mai preso’ Siena. I sindaci della legge 81 sentono la missione per così dire podestarile: nominano gli assessori e si avvalgono di consigli comunali ridotti a orpelli".
Cosa succede oggi a Siena?
"Sono un tecnico prestato alla politica, laureato in scienze politiche alla ‘Cesare Alfieri’ di Firenze, assunto poi al Monte. Ho sempre fatto l’analista finanziario. Non il politologo, né il politico".
Ma socialista lo è stato?
"E lo sono. Anche se oggi non ho più alcun contatto con la politica".
E non ne vuole sapere. Ma Franco Ceccuzzi recentemente l’ha incontrato, come ex sindaco?
"Sì, come gli altri. E da tecnico finanziario, gli evidenziai l’assoluta mancanza di professionalità nei Cda di Fondazione e Banca. Come se uno fino a ieri avesse venduto prosciutto dal Morbidi e il giorno dopo fosse messo in Banca".
Lei da tecnico parla sempre ‘di dati’. Come ha visto cambiare il Comune di Siena?
"Nel 1990 Siena aveva 63.500 abitanti e il Comune 800 dipendenti. Oggi ci sono 57mila abitanti e 1200 dipendenti comunali".
Si dice che lei non passi più per il corso di Siena, paura di essere fermato?
"E’ consuetudine che nei tempi di tempesta si sogni sempre albe serene".
Il carattere non le manca. E’ stato un sindaco autoritario?
"Mi hanno accusato di essere stato decisionista e animato da un turpe spirito goliardico. Mi auguro di essere stato un sindaco autorevole".
Veniamo ad oggi. Il caos politico senese sembra essere legato a quelle poste della Fondazione nel bilancio. E’ così o è un pretesto?
"Il Comune di Siena è tecnicamente in dissesto. Oggi c’è un commissario, ma se Ceccuzzi non si fosse dimesso, sarebbe arrivato un commissario ad acta. Non esiste altrove in Italia un bilancio comunale come quello di Siena".
Perché Ceccuzzi si è dimesso?
«Perché lo ha fatto lui non lo so. Io mi fossi trovato in quella situazione avrei studiato un’exit strategy. Davanti all’ombra del commissario c’era l’indagine della Corte dei Conti (che per chi non lo sa agisce come tribunale penale): ebbene se io avessi saputo di quel dato — 11,14 milioni di dipendenza dalle erogazioni — e qualcuno mi avesse offerto un’occasione di scendere le scale, le avrei scese di corsa".
Proprio ieri Piccini diceva che...
(Non riesce a trattenere una risata). "Certo Pierluigi, il baciato dal principe azzurro, quello che si addormentò vicecapoufficio e si svegliò vicedirettore generale. Piccini non dormiva nel bosco fra corone di fiori in attesa del principe, lui c’era".
Ma dove?
«C’era al tempo della Banca agricola mantovana, c’era al tempo del signor De Bustis e della Banca del Salento. Certo, lui c’era ma dormiva. Ma c’era anche Ceccuzzi e anche Mussari. Sono disponibile a parlare con tutti, ma non con gli smemorati di Collegno".
Quante evocazioni!
"Voglio anche spezzare una lancia a favore di Mussari. Il declino della Banca non ha inizio con Antonveneta, al tempo il Monte ne poteva comperare due, era come togliere un pelo ad un bove. La Banca del Salento, invece, esibiva un patrimonio netto da 440 miliardi di lire e fu pagata oltre sei volte il suo valore. Io, poi, preferirei comperare Antonveneta a 9 milioni di euro che il Salento a 2,5 milioni di euro".
Ma Siena ce la farà?
"Prima di tutto bisogna vedere se ce la fanno Italia e Europa. Siena aveva ricchezza e rendita di posizione enorme, con cui oggi avrebbe potuto attenuare gli effetti della crisi, anche se non azzerarla. I sindaci non sono ‘Peter Pan’ e oggi non ce la fanno a salvare nemmeno se stessi".
A proposito di sindaci, perché quel che è avvenuto a Siena non è avvenuto nei Comuni vicini?
"Non ancora, forse. Riparliamone appena si renderanno conto che le erogazioni con cui hanno iniziato tanti lavori non arriveranno più. Siamo ai titoli di testa di un film che deve ancora essere proiettato. Altroché Armageddon, siamo all’inizio della fine, non alla fine".
Cosa fa oggi?
"Seguo un’immobiliare fiorentina e, viste le difficoltà, sto male. Allora leggo. Letture sicuramente meno profonde di quelle di Piccini. Ora, ad esempio, ho una raccolta in ricordo di Madison, di fantascienza: quando non lavoro cerco di alleggerirmi".


Tommaso Strambi
Paola Tomassoni