Ambrosione torna sul verrocchio: "Venti Palii, traguardo importante"

Confermato dai capitani per entrambe le Carriere, ieri era più emozionato che al primo incarico nel 2004 "All’epoca non sapevo nulla, ora comprendo il privilegio", dice il mossiere più longevo della storia moderna.

di Laura Valdesi

Bartolo Ambrosione, un nome che ha già scritto la storia del Palio salendo sul verrocchio ben 18 volte. E che lo farà anche nel 2024 abbassando i canapi a luglio ed agosto, raggiungendo quota venti Carriere. Diventando dunque il mossiere più longevo del Palio moderno. I capitani, al termine della riunione di martedì sera, hanno infatti affidato di nuovo al cavaliere olimpico l’incarico di cui è stato informato ieri mattina dal decano Alessandro Toscano.

Ambrosione sta diventando una leggenda vivente del verrocchio.

"Sono felicissimo. Una gioia immensa. Onorato. Se penso a quanto tempo è passato dalla prima volta. Un grandissimo regalo che Siena mi ha fatto, spero di essere all’altezza del compito".

Brilla di felicità. E poi, come più volte ha dichiarato, non può proprio stare senza Siena e il Palio.

"Non ho davvero nessuna intenzione di stare lontano da voi e da questa splendida realtà! Infatti anche quando l’esperienza sul verrocchio sarà terminata continuerò a venire da appassionato con la mia famiglia".

La sensazione è che questa nomina abbia un sapore diverso dalle altre.

"Forse i venti anni dalla prima volta, era il 2004. E il ventesimo Palio. Un traguardo importante. Questa giornata per me è davvero speciale. Un momento di gioia pura, scevro da ogni preoccupazione. Chiaro poi che, avvicinandosi l’impegno sorgono tensioni, valutazioni e timori. Ma ora non intendo pensarci".

Cosa le ha detto il decano dei capitani Toscano?

"Gentilissimo. Credo che abbia apprezzato anche lui il mio entusiasmo. Ha recepito la gioia. L’ho pregato di ringraziare anche i suoi colleghi".

Venti anni nella storia del Palio sono molti. La felicità si percepisce più adesso che la prima volta, quando parlammo nel 2004.

"Perché all’epoca non sapevo nulla. Mi era stato spiegato a grandi linee il compito, non più di tanto. Volutamente. Poi ci fu subito un’interruzione ma quando tornai nel 2010 avevo perfettamente il ricordo di quanto vissuto qualche anno prima. Andando avanti è vero che l’esperienza forse ti può aiutare ma l’emozione di tutti questi anni ha reso sempre più prezioso il compito. Più conosci il Palio, lo vivi, più è forte l’intensità con cui rivesti il ruolo. Comprendi il privilegio. Forse sto anche invecchiando (ride, ndr)".

Riguardato il Palio durante l’inverno?

"C’è tempo per questo. So che la Festa va rispettata, spero di trovare il momento giusto per uscire con la stessa gioia con cui ritorno. Spero di arrivare sereno, in ordine anche fisicamente con i riflessi pronti. E poi spero di andare, passo dopo passo, verso la sera del Palio creando quel minimo di fiducia e di relazione con i fantini che monteranno".

Data un’occhiata alle Contrade che corrono?

"C’è una rivalità, al momento non mi interessa. Sono solo felice".

Anche per il verrocchio, come per i fantini, è inevitabile in futuro un ricambio generazionale.

"Non voglio parlare di abbandono proprio oggi. Ho sempre pensato che la Festa abbia delle necessità, una carica come la mia non va tirata per i capelli. In qualche modo un’alternanza è quasi obbligatoria. Normale che i capitani, come mi dici, volgano lo sguardo al futuro".

Giusto un tema ’caldo’, che ha tenuto banco l’inverno: l’insistere a chiamare la rincorsa.

"Rispetto l’opinione di tutti, di chi ne sa più di me. Però credo che, ad un certo punto, debba avere un pochettino di autonomia nelle scelte, che possono dire bene o male. So che incitare la rincorsa con dentro la rivale può essere una forzatura Ma se la cosa funziona, nel complesso di tutta la vicenda che deve tenere conto di dieci e non di una sola, è una cosa che credo possa avere la sua giustificazione".