
Batteri e virus, le nuove sfide "Investire in ricerca e prevenzione"
di Paola Tomassoni
L’Università di Siena è leader del Centro Nazionale per la Terapia genica e farmaci e vaccini che si basano sulla tecnologia RNA e partecipa al partenariato denominato ‘Malattie Infettive ed emergenti’, che vede università e centri di ricerca nazionali concentrati su infezioni virali emergenti e riemergenti, vettori che veicolano infezioni e su batteri resistenti agli antibiotici. La prima ricerca vale (per Unisi) 11,8 milioni di euro di fondi Pnrr e il partenariato altri 4,7 milioni. I finanziamenti europei spingono la ricerca sulla strada tracciata dalla pandemia, ad evitare o almeno cercare di prevenire un altro rischio mondiale. "I progetti di ricerca attuali si occupano di diversi aspetti connessi con le infezioni, dalle malattie emergenti e riemergenti all’antibiotico resistenza. Questi studi hanno come obiettivo farci trovare pronti ad affrontare nuove minacce, diversamente da come è stato con il Covid", spiega il professor Mario Tumbarello, ordinario del Dipartimento di Biotecnologie mediche dell’Università e direttore di Malattie Infettive alle Scotte.
Professore, quali sono le infezioni virali più comuni?
"Ci sono moltissimi virus intorno a noi, come i virus influenzali, parainfluenzali, adenovirus, rinovirus, e altri per lo più legati alla stagione invernale. Nella maggior parte dei casi ci accompagnano da quando siamo nati, il nostro sistema immunitario li conosce e riconosce, pertanto la sintomatologia con cui si manifestano è di solito contenuta e gestibile a domicilio".
Ma spesso si torna a parlare anche di morbillo?
"In passato, quando il vaccino non era obbligatorio, si è avuto un aumento di casi. Oggi sono ancora segnalati casi e spesso non riguardano solo bambini, ma ragazzi, fino a 3035 anni. La malattia è comunque in buona parte gestita dal medico di medicina generale, ovvero non richiede ospedalizzazione".
Ci sono malattie virali preoccupanti?
"I virus fanno il loro lavoro, si replicano, mutano. Ci sono malattie molto importanti, come Aids e le epatiti virali, per le quali sono stati fatti passi in avanti: abbiamo il vaccino per l’epatite B, farmaci per curare sia l’epatite B che l’epatite C; per l’Aids ci sono medicinali efficaci che praticamente cronicizzano la malattia, che però resta per tutta la vita".
Come preveniamo i rischiosi prossimi scenari?
"C’è una rete di sorveglianza delle malattie infettive che raccoglie i primi segnali della presenza di nuove infezioni; la raccolta dati e la condivisione dei risultati sono essenziali, lo abbiamo imparato dal Covid".
Poi ci sono i batteri e l’antibiotico resistenza?
"Questa è l’altra sfida importantissima. Per decenni siamo stati abituati ad avere farmaci efficacissimi contro le infezioni batteriche: la penicillina è stato il primo antibiotico scoperto, poi ne sono venuti tanti altri. Il problema è che negli anni abbiamo utilizzato molto questi farmaci, talora in maniera inappropriata, ad esempio dando antibiotici anche a chi ha l’influenza che come noto è una malattia causata da virus e non da batteri. E i batteri si sono gradualmente abituati a molti di questi farmaci, sviluppando meccanismi di resistenza sempre più complessi. Anni fa un rapporto scientifico ha previsto entro il 2050 più morti per infezioni causate da batteri antibiotico resistenti che per cancro".
Quale è la sfida?
"Usare al meglio le conoscenze che abbiamo. Batteri e virus sono moltissimi e possiamo combatterli o conviverci controllandoli: questo con la prevenzione, usando al meglio i farmaci che abbiamo e quelli che avremo in futuro grazie alla ricerca scientifica e potenziando la sorveglianza epidemiologica in modo da essere veloci nel riconoscere le situazioni potenzialmente pericolose per la salute pubblica".