REDAZIONE SIENA

Bazza e Bazzino, storie paliesche. Padre e figlio fantini già nella storia

Gli anni Settanta con Eletto e Massimo Alessandri immortalati in questa bella foto di Augusto Mattioli

Eletto e Massimo Alessandri, foto di Augusto Mattioli

Eletto e Massimo Alessandri, foto di Augusto Mattioli

Padre e figlio: l’eterno dilemma per scegliere il migliore, oppure quello che si merita più spazio. Francamente non è giusto e qui nemmeno ci proviamo. Gli anni settanta di Eletto e Massimo Alessandri, ovvero Bazza e Bazzino, fantini già nella storia, che oggi ci permettono di affermare che quello che possiamo lasciare in eredità ai figli sono proprio le radici e le ali. Le radici sono qui le terre della montagna, quel massiccio scuro che si chiama Amiata, le ali sono un mestiere, quello di fantino. Bazza lo ha esercitato dal 1947 al 1975 incrociando per qualche palio con il figlio Bazzino che ha corso dal 1973 al 1993. Due epoche, due volti, due storie paliesche ed umane piuttosto diverse. Non si assomigliano se non nella sostanza: taciturni, soprattutto il figlio, personaggi già fuori del loro tempo che questa foto di Augusto Mattioli cattura: la malinconia non si inventa, non si descrive ma si avverte. E’ come un’improvvisa folata di vento, arriva quando meno te lo aspetti e fa male. Tuttavia io sono fra quelli che non saprei rinunciare alla sua strana magia. E questa foto è per questo non solo senza tempo, ma è magica, ci riporta ai tempi antichi quando i padri ed i figli non si parlavano, se non attraverso gli sguardi dei ruoli stabiliti. Bazza vince sei volte ma si sarebbe meritato qualche successo in più. Bazzino accentua il fatalismo del Palio: due volte arriva primo ma non è un vincente, sembra che quel cielo, più vicino dalle sue parti, voglia opprimere la sua innegabile bravura. Non è un fantino pieno di arie, è misurato nei dialoghi, nei giudizi. Vive in punta di piedi. Assomiglia ad un eremita più che ad un eroe della piazza. Quando alza il nerbo quasi si scusa con gli altri. Anche lui meritava ben altra gloria. Il destino anche in questa foto si affaccia accanto a loro. Se ci fate caso vedete il suo ghigno da vincitore.

Da Noce a Saputello, da Quartetta a Oriolu, passano i cavalli, resta l’ombra del destino, quello che chiude le porte e ti lascia senza fiato. La commedia della vita scrive sempre copioni che si assomigliano: dove finisce la malinconia di Bazza comincia quella di Bazzino. Così è scritto. La distanza fra i due è così ampia che circumnaviga il percorso della vita e si raggiunge. Sono il nostro passato, la nostra cattiva coscienza. Oltre l’immagine stereotipata dell’eroe magnifico che cavalca, vince e suda poco. Che ha le chiavi del successo. Cercateli in qualche vicolo di notte e d’inverno: li troverete passeggiare uno accanto all’altro, senza mai parlarsi. Massimo Biliorsi