REDAZIONE SIENA

Benigni recitò il V Canto Fu la ’prima’ di un evento

Nel 1991, per il 750° anniversario dell’ateneo senese, il recital alle Scotte. Le terzine su Paolo e Francesca conquistarono centinaia di studenti all’auditorium

C’è tanta Siena, nell’opera di Dante. Addirittura, i senesi sono i più citati nella Divina Commedia, ovviamente dopo i fiorentini. E così, in apertura dell’anno in cui viene celebrato il settimo centenario della morte del poeta, vale la pena ricordare quel tributo che proprio Siena ha offerto, qualche anno fa, quando festeggiando i 750 anni dell’Università, compiuti nel 1991, contribuì a una grande idea.

Forse una delle più grandi, quantomeno in epoca recente, riguardo alla divulgazione di Dante e della Divina Commedia. Se infatti è vero che Roberto Benigni è considerato oggi uno dei più seguiti e apprezzati testimoni di quest’opera, ebbene quel percorso è proprio a Siena che è iniziato. Da un’idea dell’Università.

"Stavamo pensando a una serie di iniziative per celebrare i 750 anni dell’ateneo – racconta Maurizio Bettini, allora presidente del comitato per le celebrazioni dell’anniversario – e ci venne l’idea di creare relazioni inattese tra ospiti e argomenti. Per esempio, affidammo un intervento sul tema della goliardia studentesca a Renzo Arbore. Persone inaspettate, in un ambiente accademico. Oppure, relazioni diverse dal solito. Questo era lo spirito, in generale, delle iniziative che proponemmo". Tra gli ospiti c’erano Roberto Vecchioni, Giulio Andreotti, Beniamino Placido, Gianna Nannini. E, appunto, Roberto Benigni.

"Mettemmo in fila una serie di invenzioni – ricorda Bettini – tra cui Benigni che leggeva Dante". Un’idea nata per caso, almeno in parte. "Avevo sentito Benigni parlare di Dante – racconta Maurizio Boldrini, che partecipò all’organizzazione – e in particolare di quella tradizione orale ancora viva nelle nostre campagne di raccontare in versi, per esempio l’ottava rima. Grandi storie recitate a memoria, compreso Dante. E così andammo a Roma per proporgli questa cosa. Lui si dimostrò subito entusiasta, perché già stava lavorando in quella direzione. Ricordo che ne parlò subito con quello che era il suo principale interlocutore, Vincenzo Cerami, e l’idea venne via via affinata fino a diventare una lettura".

La scelta ricadde sul V canto dell’Inferno. "La lettura del canto di Paolo e Francesca – ricorda Boldrini – fu molto intensa. Lui la sentiva. Veniva da Roma, e durante il viaggio continuò a ripassare, senza sosta. Ci mise un grande impegno.

Il problema era però che a Siena non c’erano strutture adatte per ospitare quell’evento. Perché comunque volevamo rimanere in ambito universitario".

La scelta, alla fine, ricadde sull’auditorium delle Scotte. "Ma la cosa divenne in poco tempo così gigantesca – racconta Boldrini – che ci trovammo costretti a occupare otto aule del policlinico, trasmettendo l’evento sui maxi schermi, tanta fu la risposta da parte del pubblico. Gli studenti riempirono tutto. C’era un entusiasmo incredibile".

Benigni fu ovviamente ricevuto anche dal rettore. Era Luigi Berlinguer. Sembra di essere lì, nello studio, a sentir volare battute per via di quell’immagine, iconica, in cui il comico prende in braccio l’altro Berlinguer, Enrico.

Ma che la lettura di Dante fosse una cosa eccezionale fu subito chiaro. Tanto che quell’evento divenne uno speciale su RaiTre condotto da Corrado Augias, nel corso del quale Benigni ripeté la stessa lettura fatta proprio a Siena. "Da quel momento – conclude Boldrini – Benigni ha rielaborato tutto ed è diventato uno dei principali divulgatori dell’opera di Dante, che ha portato in tutte le piazze d’Italia".

Riccardo Bruni