
Alessandro Barabesi, enologo che ha sondato la reale richiesta del mercato, ma è evidente che l’attenzione sta crescendo
Si chiamano vini “NoLo”. Ovvero No-Low-Alcol: sono i vini parzialmente dealcolati – quindi con una percentuale piuttosto bassa di alcool - o privi completamente di alcool. Se ne parla molto e perfino l’ultimo Vinitaly ha previsto uno spazio dedicato. Le aziende, già in difficoltà nello smaltire le giacenze di vino tradizionale in cantina, li vedono come nuove opportunità. Una nicchia destinata a crescere specialmente all’estero: si parla di un giro di affari di 3 miliardi di dollari entro il 2028. L’Italia è in ritardo: è stato l’ultimo Paese Ue a recepire la normativa che, dal 2021, ne contempla la produzione e, proprio mentre il sistema sembrava mettersi in moto è arrivato uno stop fiscale che fa infuriare i produttori. Il problema sono le accise sull’alcool etilico sottratto al vino e per cui c’è un impasse che rischia di bloccare tutto fino al 2026. A meno che due Ministeri (Agricoltura ed Economia) non trovino la quadra. Intanto c’è chi va all’estero come ha fatto l’azienda Piccini Wines, che ha il suo quartier generale a Casole d’Elsa. “Generazione Zero”, la linea dealcolata, è infatti prodotta in Spagna con uve raccolte nelle proprie tenute italiane. "Al momento abbiamo deciso di iniziare con una produzione contenuta – spiega Alessandro Barabesi, enologo che ha seguito il progetto - così da sondare la reale richiesta del mercato, ma è evidente che l’attenzione sta crescendo. Produciamo tre tipologie (un rosso, un bianco ed uno spumante) per un totale di poco meno di 100 mila bottiglie".
Produrre in Italia è ciò che le aziende intenderebbero fare ma lo stop normativo attuale non aiuta. "Sui dealcolati oggi il settore è fermo, dobbiamo risolvere gli snodi fiscali e normativi e dobbiamo iniziare a produrre – spiega il presidente di Unione Italiana Vini, Lamberto Frescobaldi -. Se il ministero dell’Agricoltura non interviene sulle disposizioni fiscali previste dal ministero dell’Economia e delle Finanze le imprese dovranno attendere fino al 2026 prima di poter partire con la produzione. Serve una norma ponte che consenta di definire il quadro fiscale per la produzione in questa fase transitoria. È impensabile che aziende che hanno investito in macchinari per la dealcolazione rimangano bloccate per un vuoto normativo in cui la mano destra della pubblica amministrazione non sa cosa fa la sinistra".
Giovanni Pellicci