di Massimo Cherubini
Lo storico negozio di Pienza, quello che ha dato vita alla storia di successo del brand ’Bottega Verde’ chiude. La notizia era nell’aria, nella città di Pio II si temeva che arrivasse questa decisione. Ufficializzata da un durissimo comunicato della Filcams-Cgil che definisce "inaccettabile e vergognoso che Bottega Verde abbandoni il nostro territorio!"
Purtroppo, come viene sottolineato nel documento del sindacato, non è la prima volta che il noto marchio "tradisce" Pienza. La città dove negli anni Ottanta aprì il primo negozio con l’insegna green e la foglia. E’ quello poco distante da piazza Pio II, con tre dipendenti e momenti di grande impatto economico.
L’idea di aprire questa attività è di Alessandro Moriconi, un giornalista romano amante di Pienza e della natura. Poi l’incontro con Paolo Lavino, l’ideatore di Postal Market che aveva avviato, con successo, la vendita online di capi di abbigliamento. L’ideatore di ’Bottega Verde’ cede il marchio a Paolo Lavino, industriale del nord, che a Pienza ha già acquistato Palazzo Massaini per realizzare un agriturismo di qualità. Lavino dà via al grande sviluppo della vendita di prodotti cosmetici ’targati’ Pienza. L’imprenditore biellese, scomparso lo scorso anno, intuisce che Postalmarket non aveva più un grande futuro. Cede società e logo a un gruppo industriale tedesco. Ma non cede la copiosa lista di clienti.
Ripartire, con questo ’capitale’, con prodotti cosmetici che hanno appeal sul mercato, per Paolo Lavino è un’impresa impegnativa ma relativamente facile.
Gli affari vanno a gonfie vele, una società costituita da Lavino, che è l’azionista di maggioranza, acquista all’asta giudiziaria indetta dal Tribunale di Roma, dodici ettari di terra con i capannoni della ex fornace di laterizi. Posizione straordinaria (siamo ai piedi di Pienza ), un potenziale grande affare.
La società di Lavino vende tutto a ’Bottega Verde’ che ne detiene ancora la proprietà. Lo sviluppo economico e industriale, induce la proprietà ai primi passi che portano a licenziare dipendenti del posto.
Ora la stessa sorte dovrebbe toccare alle tre dipendenti del negozio culla di ’Bottega Verde’. "Il profitto è cieco e se ne frega del paese da cui ha tratto vita e soprattutto sviluppo. Aprendo il sito web di Bottega Verde – si legge nel documento della Filcams Cgil – appaiono foto di Pienza con i suoi paesaggi mozzafiato, bellissimi e naturali; inoltre la sede legale è sempre lì, forse non a caso. Proprio un bell’esempio di utilizzo improprio del nome, dell’ambiente, del prestigio che Pienza si è conquistata nel mondo ai soli fini economici, infischiandosene delle persone e dei territori".