di Laura Valdesi
SIENA
Cardinale Augusto Paolo Lojudice, ha lanciato l’idea di aprire un centro di accoglienza in ogni diocesi della Toscana per dare ai migranti, nel caso di Siena ai pakistani, un tetto e cibo. Una sorta di soluzione tampone in attesa di accedere al Cas.
"A Siena siamo davanti a un gruppo di migranti abbastanza coeso, sono quasi tutti della stessa nazionalità. Credo che dare loro un luogo adeguato dove collocarsi non creerebbe problemi. A meno che non si decida una tensostruttura oppure delle case mobili. Per la Caritas di via Mascagni l’emergenza di tre mesi è diventata di due anni e mezzo. Proveremo ad andare avanti finché c’è bisogno. Però, ripeto, non è sufficiente".
C’è chi dice che serve un limite, altrimenti l’accoglienza innesca un effetto calamita: arrivano tutti a Siena.
"Caritas ha come metro di misura la mensa. Normalmente il 99% dei migranti in città si reca a San Girolamo dove vengono distribuiti fra 70-80 pasti al giorno, fino ad un massimo di 120. Mai avuti mille. Questo consente di capire quale è il trend".
Torniamo all’idea del nuovo centro di accoglienza.
"A Firenze hanno già quello che un tempo si definiva il dormitorio per chiunque si trova in difficoltà ed è per strada. Un’accoglienza di bassa soglia. Se accettiamo l’idea che anche a Siena esiste questa necessità va realizzato all’interno della città o, comunque, nelle immediate vicinanze. Non possiamo fare i centri di primissimo livello in canoniche sperse sulle montagne, Poi si spostano, servono le navette. E via dicendo. Già ce ne accorgiamo con gli otto che ospitiamo ad Arbia. Ripeto, se ci convinciamo di tale necessità poi, anche se non è semplice, un posto si trova. Chiaramente deve essere adeguato, non parlo di palazzi storici. Sarebbe stato perfetto l’ostello della gioventù ma so che è stato ceduto".
Creare il dormitorio vuol dire farsi carico di una situazione che poi dura nel tempo.
"Esatto. La sensazione è che si abbia la speranza che sia invece una condizione temporanea".
Lojudice continua a cercare.
"Certo, io se trovo qualcuno per strada, da cittadino e da cristiano, ho il dovere di provare a dargli una mano. Stiamo provando a gestire nel miglior modo possibile ciò che l’istituzione non fa, non per colpa di qualcuno in quanto tutti si adoperano al massimo, ma solo perché non è previsto dalla legge".
Qualcuno dice: perché non aprire le chiese.
"Una risposta di provocazione, è sotto gli occhi di tutti che proviamo a dare da mangiare a 100 persone, ospitandone fra 35 e 38. Quello che si semina poi arriva in provvidenza. Si può anche farlo ma poi dove li mando al bagno. Non è questa la soluzione".
Al tavolo mensile del cardinale non sono venute prefettura e questura alle ultime riunioni.
"Qualcuno è stato un po’ aggressivo nei loro confronti, verbalmente, ma essendo un tavolo informale nessuno è obbligato a venire. Però se li chiamo per un confronto sono sempre disponibili e cordialissimi".
Continuerete a lavorare insieme.
"Certo. E a dialogare. A volte l’intuizione del momento può essere risolutiva. Se trovassimo un posto con caratteristiche adeguate poi magari ci lavoriamo e ci investiamo insieme".