
L’ex sindaco e deputato Pd parla per la prima volta dopo l’assoluzione a Salerno "Ho sempre ammesso le responsabilità politiche, per le quali rinnovo le mie scuse".
L’assoluzione "perché il fatto non sussiste", a 4.372 giorni da quell’avviso di garanzia che ne impedì la ricandidatura a sindaco, ha chiuso la vicenda giudiziaria legata al crac del Pastificio Amato, per il quale era accusato di bancarotta fraudolenta in concorso. Ma la partita politica, in gran parte interna al Pd, è ancora tutta aperta per Franco Ceccuzzi, già sindaco, deputato e segretario provinciale dei Ds, dopo il post su Facebook, parla per la prima volta dopo la sentenza di assoluzione. "Il pm aveva chiesto di assolverci perché il fatto non costituisce reato, i nostri legali hanno invece sostenuto che il fatto non sussiste e il collegio ci ha data ragione, assolvendoci con la formula più ampia", spiega Ceccuzzi.
Cosa significa per lei?
"C’è un rilievo personale indubbio e ce n’è uno professionale, perché sono socio amministratore di una grande cooperativa e in caso di condanna la mia attività si sarebbe interrotta. L’unico rammarico è non aver potuto condividere questa gioia con mia mamma, che se n’è andata nel 2017".
Rifarebbe quella cena, cardine dell’accusa?
"Non c’è niente di cui vergognarsi, come non c’era allora. Paolo Del Mese aveva svolto un ruolo importante per l’approvazione della legge salva-Contrade, ancora fondamentale dopo 18 anni anche se tutti oggi sembrano essersi dimenticati di chi promosse quel provvedimento. Lui era stato ospite al Palio per capire la nostra realtà, eravamo in ottimi rapporti ed era naturale contraccambiare la visita".
Senza quell’avviso di garanzia cosa sarebbe successo? Nel Pd c’erano resistenze sulla sua candidatura.
"Credo che sarei andato alle elezioni e ci sarebbe stato il ballottaggio, anche perché non sapevamo se chi non aveva voluto partecipare alle primarie si sarebbe candidato in alternativa al centrosinistra o no".
Il rapporto politica-giustizia è al centro del dibatitto da trenta anni: lei colloca in questo filone ciò che le è successo?
"Lo inserisco nel contesto storico: trapelavano le crepe intorno a Mps, Mussari si era dimesso, i Cinque stelle avevano una grande forza. Quel quadro politico ambientale ha favorito un’iniziativa che poi si è dimostrata del tutto infondata".
Il passo indietro fu dovuto a questo?
"No, mi sarei ritirato anche in un’altra situazione perché non si può fare campagna elettorale con un avviso di garanzia. Questo ha cambiato la storia dei gruppi dirigenti e del partito, provocando una rottura che non si è ancora risanata".
Però un conto è la vicenda giudiziaria, altro è la valutazione politica su evidenti errori del Pd, non crede?
"La vicenda giudiziaria è stata un paravento per circoscrivere a una sola persona le colpe di un intero gruppo dirigente. Io non ho mai negato le mie responsabilità e colgo questa occasione per rinnovare le mie scuse alla città, alla provincia e alla Toscana per quello che è successo e ha impoverito tutti".
Lei parla però di gruppo dirigente da chiamare in causa...
"Come il segretario Valenti dice che non si possono circoscrivere le colpe a un solo partito, io dico che all’interno di quel partito non si può farlo con una sola persona. Ciò che è successo è frutto di scelte maturate in un trentennio, non mi pare ci fosse una persona sola al comando".
Qual è stato secondo lei l’errore principale?
"Un eccesso di difesa municipalistica ci ha fatto perdere occasioni di accrescimento che avrebbero impedito gli sbagli successivi. Certi valori esasperati hanno prodotto guasti".
E la colpa principale che si riconosce?
"Aver avvertito in ritardo che era necessario produrre una discontinuità. Eppure mi sono messo in gioco, dimettendomi da deputato per fare il sindaco, quando in genere le carriere politiche funzionano al contrario. Ma era troppo tardi".
Da quel decennio è uscito indenne sotto il profilo giudiziario anche Mussari, che però è stato protagonista di quella storia politica: oggi che valutazione ne dà?
"La scelta di Mussari fu frutto di una decisione condivisa che si è rivelata sbagliata".
A conti fatti cosa le ha lasciato l’esperienza giudiziaria?
"Sul piano personale ha provocato un cambiamento positivo. A quel tempo non mi sarei mai immaginato fuori dalla politica, che sarebbero nati i miei figli e avrei avuto un impegno professionale tanto impegnativo quanto gratificante. Il rammarico è dovuto non tanto alle accuse dei magistrati, quanto al fatto che per dodici anni mi sono dovuto difendere dal Pd".
Perché secondo lei?
"Per lo stesso motivo per cui si registra ancora un forte ostracismo nei miei confronti, come testimonia un’intervista del giugno scorso a La Nazione del senatore Franceschelli, nel quale in sostanza diceva che andavano messi insieme tutti tranne uno perché rancoroso, cioè io. Forse immaginava una campagna elettorale alle comunali di Siena con accordi trasversali, che io e altri ci siamo dati da fare per impedire, evitando che il partito tornasse indietro di quindici anni".
Il Pd fatica ancora a fare i conti con quella storia, perché?
"Intanto perché è difficile, perché contiene pagine dolorose e persino drammatiche. Ma è necessario farlo per recuperare autonomia e forza. Oggi il partito cittadino è una filiale di quello provinciale. La segretaria Salluce va bene perché è nuova, ma intorno a lei ci sono parecchie vecchie glorie, molto vecchie e poco glorie a dire il vero, che non rendono credibile il rinnovamento".
Ma non c’era necessità di superare il passato?
"Intanto un partito non può fare a meno di tutti perché entrano dieci persone nuove: chi entra deve farsi carico anche del pregresso. E poi è chiaro che stiamo perdendo un’occasione rispetto a una destra che in sette anni non ha dimostrato di avere una classe dirigente migliore. Il Pd paga un pregiudizio negativo, che è fondato per quanto accaduto in passato, ma che va superato a viso aperto".
Lei continuerà a fare attività politica? E in che ruolo?
"All’ultimo congresso in tanti, commissario Sarracino in testa, hanno fatto di tutto per non farmi entrare nell’assemblea comunale. Io, insieme a Simone Vigni e una sparuta minoranza, però sono riuscito a farmi eleggere. Il mio ruolo è quello di un iscritto, i diritti costituzionali non me li possono togliere".