Siena, 24 aprile 2016 - E mentre una parte del Pd e il sindaco proseguono il loro duello su quel libro dei sogni chiamato regolamento urbanistico, c’è una parte di città che ha decisamente capito cosa serve: rimboccarsi le maniche e darsi da fare. Ci riferiamo a quei senesi – e ormai siamo abbondantemente sopra i duecento – che si sono frugati in tasca per consentire alla Mens Sana di finire – più che decorosamente, oltretutto – la stagione. Non solo, con l’iniziativa «Io Tifo Mens Sana» si sono anche gettate le basi per dare un degno futuro alla lunga tradizione cestistica della città. Certo, non dipenderà solo da loro. Servono le aziende, gli imprenditori, i soldi «veri» insomma. Ma se arrivassero, il merito sarà solo di chi ci ha messo la faccia e le risorse quando i tempi erano davvero bui (e lo diciamo ora a scanso di equivoci futuri). A farci tornare il sorriso, poi, sono i tanti segnali positivi che arrivano da questa vicenda. Primo perché fa toccare con mano quanto bella e sana possa essere la passione sportiva: una questione di cuore molto prima che di portafoglio capace di cancellare in un attimo l’onta delle inchieste e dei cimeli finiti all’asta. Poi perché restituisce l’immagine di una città sana, operosa e ancora in grado di grandi slanci. Infine, perché mette tutti sullo stesso piano: dal più semplice dei tifosi, all’ex stella degli anni d’oro il merito è stato diviso in modo equanime. Bravi, semplicemente bravi. Al punto che viene da domandarsi come mai nessuno abbia provato a metterci il cappello. Forse perché il vento è cambiato e nessuno ha più la faccia tanto tosta – e soprattutto il coraggio – di scambiare la sacralità del tifo con del consenso da conquistare. Ma forse anche perché la classe dirigente è troppo presa a duellare sui social network per accorgersi di un qualcosa di buono che inizia a germogliare. Con sommo gaudio di Mark Zuckerberg, anche noi preferiamo che continuino così.
CronacaChe lezione dai tifosi