Siena, 2 ottobre 2024 – “Ha usato il corpo della donna come fosse un oggetto per il proprio piacere. Quello che ha commesso è un reato molto grave. Per il quale è già stato condannato, seppure non in via definitiva, per fatti accaduti nel 2019”. Non fa sconti il pm Siro De Flammineis ricostruendo una vicenda costellata di botte e violenza. In mezzo la droga perché – la vittima non ha esitato a raccontarlo al collegio presieduto da Fabio Frangini – faceva uso di sostanze. Una persona esile, all’apparenza fragile. Seduta accanto all’avvocatessa Lastrucci che l’ha seguita nel percorso di rinascita e ha difeso la sua dignità. Si commuove quando, poco dopo le 15, viene letta la sentenza: l’uomo conosciuto accettando un drink in un bar a Firenze, presunto autore degli abusi ripetuti subiti in un bosco della nostra provincia, prima di abbandonare la sua ’preda’ alla stazione di Siena dove aveva chiesto aiuto, è stato condannato. Per violenza e lesioni aggravate. Il pm aveva chiesto 6 anni, la parte civile anche un risarcimento di 100mila euro. La pena è stata alla fine di 6 anni e 4 mesi, ed un risarcimento di 30mila euro. Fra novanta giorni le motivazioni della decisione che certo non cancellano la sofferenza della giovane, ha solo 26 anni, ora accolta in una struttura protetta.
“L’ho conosciuto in un bar vicino alla stazione di Firenze, mi ha offerto un drink. Mi ha invitato poi ad andare in macchina con lui per consumare cocaina. All’epoca ero tossicodipendente”, la ricostruzione della donna in tribunale nell’aprile scorso. Durante il tragitto le aveva detto ’guarda che ti farò del male’. Avevano fumato durante il percorso, la donna non sapeva dove l’aveva portata. Si erano fermati in un bosco. “Mi ha violentato, più volte. Dandomi pugni perché cercavo di liberarmi. Mi ha messo le mani al collo mentre accadeva, mi ha fatto molto male”, la descrizione di quei momenti che l’hanno segnata.
“Poi l’aveva accompagnata con l’auto alla stazione di Siena – ancora il pm nella requisitoria –, le telecamere hanno ripreso proprio quando la lasciava e riparte veloce”. Qui la giovane, sotto choc, alla fine aveva chiesto aiuto ed era scattato il codice rosa. Oltre all’inchiesta. “La mia assistita è credibile. Ricorda il bosco, i pugni e gli schiaffi, di essere stata presa per i capelli e la testa sbattuta sul cruscotto. Non ha reagito perché aveva paura di essere uccisa. A distanza di tre anni dal fatto (era il luglio 2021, ndr) porta ancora i segni a livello psicologico”.
“Un racconto che fa acqua da tutte le parti, il mio assistito ha sempre detto che il rapporto è stato consenziente”. Poi l’avvocatessa che difende l’imputato (non era in aula) affonda: “La donna aveva problemi di autolesionismo, una persona che spesso si allontanava da casa”. E ancora: “Dal referto del pronto soccorso emerge che ’non ci sono lesioni documentabili’”. Sottolinea che durante la deposizione ad una sua domanda aveva risposto ammettendo di aver fatto uso di crack.