
Molti genitori vogliono controllare il telefono dei figli per tutelarli dai rischi della rete
Il controllo dei telefoni da parte dei genitori è notoriamente un tema controverso. Da un lato il rapporto tra genitori e figli non può essere alla pari, perché il genitore deve proteggere il figlio e farlo crescere in sicurezza, guidandolo nella progressiva acquisizione di responsabilità e indipendenza. Molti genitori, perciò, sostengono la necessità di controllare l’uso dei dispositivi per allontanare i figli dai pericoli della rete, quali contenuti inappropriati e altre minacce digitali.
Molte indagini, infatti, convergono nel dire che circa il 35% degli adolescenti ha subito episodi di cyberbullismo, mostrando l’importanza della vigilanza degli adulti in un mondo sempre più connesso. La questione, tuttavia, non va affrontata e compresa solo in termini di controllo; si tratta, invece, di cogliere un’opportunità educativa, che consente ai genitori di insegnare ai figli a navigare in sicurezza, a proteggere i propri dati e a riconoscere i rischi del web.
Dall’altro lato i giovani sentono il monitoraggio come un’invasione della loro privacy, uno degli elementi fondamentali per lo sviluppo della identità. La sorveglianza continua può compromettere la fiducia tra genitori e figli, creando tensioni e incomprensioni: a volte i genitori non conoscono i linguaggi tipici della comunicazione giovanile, oppure non hanno competenze tecnologiche necessarie per capire correttamente le attività dei figli e rischiano di fraintendere comportamenti innocenti. Secondo alcuni psicologi, "la chiave sta nell’equilibrio: conversazioni aperte, regole chiare e responsabilità condivise" sono essenziali per instaurare un dialogo costruttivo.
Dal punto di vista pratico sistemi software, filtri e configurazioni di rete sono strumenti utili per limitare l’accesso a contenuti dannosi e affinché siano efficaci serve una combinazione di tali precauzioni. Dal punto di vista legale, il Codice Civile riconosce ai genitori il dovere di tutelare i figli, permettendo un controllo proporzionato, mentre il Regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR) stabilisce che i minori sotto i 16 anni non possano esprimere autonomamente il consenso per il trattamento dei dati. La Corte di Cassazione nel 2019 ha ribadito che il monitoraggio deve essere orientato alla protezione senza ledere la privacy dei minori.
In conclusione, attraverso dialogo e ascolto reciproco è possibile trovare, dosando di volta in volta sicurezza e rispetto, l’equilibrio giusto per una crescita sana e consapevole.