"Venticinque anni di lavoro qui, per finire ad essere trattata così". È lo sfogo di una dipendente, che scoppia quasi immediatamente in lacrime di disperazione, subito dopo l’annuncio da parte dei rappresentanti sindacali dei primi aggiornamenti provenienti dal tavolo a Roma sulla questione Beko. In totale 1935 esuberi in tutta Italia, alcuni stabilimenti destinati alla chiusura entro la fine del 2025: tra questi anche quello di Siena, con i suoi 299 dipendenti. Una notizia difficile da digerire per uomini e donne che per una vita hanno animato l’ex stabilimento Whirlpool, assorbito nell’acquisizione dell’azienda da parte dei turchi di Beko Europe, e che adesso vengono accompagnati alla porta. Rabbia e sconforto aleggiano nell’aria durante il presidio di ieri in viale Toselli, iniziato la mattina e terminato solo dopo la conclusione del tavolo al ministero.
"Ho lavorato qui per 31 anni, così come tanti altri ho messo a rischio la mia salute in questo stabilimento. Così è un bagno di sangue". Le lacrime e le voci distrutte non bastano a descrivere lo stato di profonda delusione di chi rimane davanti al cancello dell’azienda per tutta la giornata, in attesa di una notizia che sembra fin da subito non poter essere positiva. "Dobbiamo piazzare le macchine lungo la strada e portare avanti il presidio a oltranza", grida qualcuno nei momenti di massima agitazione. Nello stabilimento non sono poche le coppie, moglie e marito, che adesso rischiano di non avere più uno stipendio necessario a portare avanti la famiglia. Si abbracciano, provano a farsi forza a vicenda: "Una soluzione la troviamo".
Ma da Roma arrivano nuovi aggiornamenti: al tavolo non si è presentato il ministro Adolfo Urso, ma il sottosegretario Fausta Bergamotto. Allo stesso modo, mancano il ceo e i vertici di Beko, sostituiti dai rappresentanti di Beko Italia. Presenti invece le istituzioni senesi, con Nicoletta Fabio e Michele Capitani a fianco delle sigle sindacali locali e nazionali, per ribadire il massimo sostegno ai lavoratori. La deindustrializzazione del gruppo in Italia, subito dopo l’acquisizione di Whirlpool, era stata accompagnata da segnali inquietanti. "Non è stata mai sostituita l’insegna rimossa – raccontano i lavoratori –, ciò che producevamo non veniva logato come Beko, ma con le vecchie denominazioni. L’autorizzazione del gruppo non è nemmeno mai arrivata per indossare le divise ufficiali, ci avevano dato dei badge".
Qualcuno si sente male, poi si riprende mentre rimbalzano le prime voci su possibili azioni condivise a livello nazionale. Ma deve prima arrivare un’indicazione precisa da parte dei sindacati, solo allora il centinaio di dipendenti in presidio potrà muoversi. Indicazione che arriva poco dopo l’annuncio della richiesta di sospensione del tavolo da parte dei sindacati, nel tentativo di coordinarsi. Ma anche come forma di protesta contro il Governo, che si è limitato a chiedere a Beko la ritrattazione del piano industriale e il ritiro delle decisioni su esuberi e chiusure. "Che smettano di prenderci in giro, non ne possiamo più"", ripetono i lavoratori. "Tornate a casa, avete già preso troppo freddo. La mobilitazione va avanti", annunciano i rappresentanti sindacali verso le 18: il presidio si scioglie, ma solo momentaneamente. Stamani alle 9 andrà in scena l’assemblea con i lavoratori di fronte alla fabbrica, poi operai e sindacati si muoveranno verso Piazza del Campo. Dove continueranno incontreranno il sindaco Nicoletta Fabio, poi daranno vita a una nuova assemblea con Alberto Larghi della Fiom nazionale. La battaglia è appena iniziata.
Andrea Talanti